Con Music From Montana Story Kevin Morby esordisce nella scrittura per immagini.
Sta attraversando un momento di grazia Kevin Morby, dopo che il suo This is a Photograph dello scorso anno ha ricevuto apprezzamenti un po’ da tutte le testate musicali. Sicuramente l’album ha rappresentato il culmine di un lungo percorso nato a fine anni zero con la militanza nei Woods (tre album all’attivo) e nei The Babies (con loro ne ha pubblicati due) e proseguito con una continua crescita album dopo album solista, a partire dall’esordio Harlem River, datato 2013. Normale quindi che il suo nome possa essere uno di quelli chiamati a collaborare anche col mondo del cinema, e come il Gruff Rhys recentemente impegnato nella colonna sonora di The Almond & The Seahorse, ecco che anche per lui arriva il momento di pubblicare un side-project in merito.
Il progetto Montana Story
Music From Montana Story (Dead Oceans) è la colonna sonora del film Montana Story, diretto dai due registi David Siegel e Scott McGehee, uscito nel 2021 negli Stati Uniti e solo nel 2022 sulle piattaforme a pagamento per il mercato italiano (col titolo Ritrovarsi in Montana). Da quel che possiamo leggere al momento, senza averlo ancora visto, si tratta di un western di concezione moderna dove la natura e i suoi paesaggi vincono sui sogni di grandezza e ricchezza delle famiglie americane confinate in ranch lontani dalla città. Un film sul peso di un’eredità scomoda che Morby ha detto di amare proprio perché gli ha dato la possibilità di avere una visione ben precisa per scrivere molti dei cupi ed essenziali strumentali che compongono questa colonna sonora. Insomma, una fotografia che crea musica, e Morby pare essere stato più che bravo ad assecondare il film e le sue suggestioni, incastonando solo là dove davvero serve qualche brano cantato per dare un tema alla storia, ma mettendosi pienamente al servizio di un prodotto finale che comunque non è il suo.
Il Kevin Morby ‘colonnaro’ se la cava discretamente
Si segnalano tra le canzoni la puramente folk One Paper Kid cantata con Waxahatchee (a suo tempo interpretata anche da Emmylou Harris) e il finale malinconico di Like a Flower, anticipato dalla ninna nanna di Dance With Me Child. È forse questo quello che si chiede ad una Soundtrack autografa, ovvero portare valore aggiunto senza però rubare la scena al film. E su questo, sebbene l’album sia ovviamente un capitolo a parte non primario della sua discografia, credo abbia raggiunto in pieno il suo obiettivo. È servito inoltre a Morby per affrontare con più decisione quell’influenza di musica roots americana che da sempre scorre nei suoi dischi, anche se sempre camuffata dalla sua personalità. Vedremo se qualcosa di questa musica entrerà nelle scalette dei suoi prossimi concerti italiani.
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