Arriva dall’Irlanda uno dei migliori dischi rap dell’anno: Kojaque – Phantom of the Afters.
Dietro il moniker Kojaque c’è Kevin Smith, rapper, videomaker e produttore irlandese di Cabra, Dublino, e l’ottimo Phantom of the Afters che qui recensiamo non è il suo primo disco. Nato nel 1995, si è formato come studente di belle arti presso il Dublin Institute of Technology, pubblicando nel 2018un disco autoprodotto, Deli Daydreams, seguito nel 2021 dall’esordio ufficiale, Town’s Dead, che in Irlanda ha raggiunto un buon successo commerciale, dandogli anche una nomination per il Choice Music Prize.
Phantom of the Afters (Soft Boy Records) rappresenta decisamente un perfezionamento di Kojaque come produttore, lavoro che sul disco condivide con qualche collaboratore, in testa Karma Kid. Rispetto al passato, il nuovo disco mantiene un feeling da strumentazione live, nonostante non manchino i samples, sul quale le sue rime si poggiano in modo disinvolto, senza cercare troppi tecnicismi, ma puntando ad essere efficaci, con un evidente e piacevolissimo accento irlandese. I testi, peraltro, meritano di essere ascoltati: in Phantom of the Afters, Kojaque sceglie di evitare tutti gli stereotipi associati al rap, per una riflessione sui problemi sociali e le loro tragiche conseguenze per gli individui. Persino l’immagine scelta per i video e la copertina lo allontana da ogni cliché.
I Rainy Days di Kevin Smith
Ma lo vedo nei suoi occhi quando si sveglia / Il trucco della scorsa notte / Vivere per il fine settimana, il capo distribuisce tagli allo stipendio / Prima almeno rispondevi, ora non dici più molto / Troppe bollette scadute e ancora da pagare / Tutto quello che vuoi fare è dormire, tutto quello che fai è stare sveglio: è l’inizio di Rainy Days, uno dei passaggi più significativi di un disco nel quale le belle canzoni abbondano.
Gli ospiti non sono numerosi: si segnala il newyorkese Wiki su Johnny McEnroe e i bravi strumentisti di Leeds che hanno dato vita ai Gotts Street Park e il cui nome spunta sempre più spesso nel panorama del nu-soul inglese; in Phantom of the Afters accompagnano Kojaque in Bambi, uno dei momenti migliori.
Yoko Ho No
Forse la palma del pezzo migliore spetta però (già per il titolo) a Yoko Ho No, accompagnata da una bella base di organo sulla quale Kevin riflette sui suoi rapporti con l’altro sesso (Probabilmente è passato mezzo decennio dall’ultima volta che mi sono innamorato / E non per mancanza di opportunità, ce ne sono state abbastanza / È come se facessi del mio meglio per ottenerle solo per poi rinunciarvi / E per la metà del tempo, è come se stessi scappando da me stesso) evitando le banalità.
E per concludere…
Questo 2023 non è stato troppo generoso con il rap, che avrebbe ormai bisogno di una buona dose di novità e cambiamenti. Kojaque non prende la strada della sperimentazione (come per esempio la collaborazione fra JPEGMAFIA e Danny Brown quest’anno), ma quella di tornare a raccontare storie in versi su basi poco sintetiche e molto umane.
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