Kurt Vile – Back to Moon Beach

Decimo album in ripresa per Kurt Vile: Back to Moon Beach.

Ha uno strano e dolente fascino questo Back to Moon Beach, decimo disco di Kurt Vile, uscito ad appena un anno di distanza da quel (watch my moves), che complice anche una delle copertine più brutte degli ultimi anni, ci aveva lasciato parecchio interdetti sullo stato di forma e di ispirazione del chitarrista di Philadelphia.

Questo ci rinfranca anche dalla lieve delusione del suo live di quest’estate in quel di Prato, dove l’artista aveva offerto un’esibizione piatta e monocorde.

Il fascino sottile di Back to Moon Beach.

Sia chiaro, anche qui non si ascolta niente di nuovo, però il nostro uomo appare aver ritrovato una maggiore ispirazione per colorare le sue delicate tessiture sonore, su ritmi dilatati e rallentanti, sedando in parte la sua musica, togliendole anche le piccole asperità e i rari spigoli, ma arricchendola di una particolare e tenue coloritura che spinge l’ascoltatore ad abbandonarsi con involontario piacere al suo ascolto.

Back to Moon Beach (Verve) ha un fascino come detto del tutto particolare, non ci sono brani che rimarranno nella storia della musica (ma quello oramai, poi è una cosa che non riguarda solo Kurt Vile), è piuttosto una sorta di lunga e dolce ninna nanna, dove il tappeto percussivo è tenuto sullo sfondo (quando proprio manca del tutto) e a farla da padrone sono gli arabeschi chitarristici che sono sempre stati uno dei marchi di fabbrica di Vile.

Le canzoni

Sin dal primo pezzo, Another Good Year for the Roses, sono chiarite le coordinate che caratterizzeranno tutto il disco, un piccolo valzer suonato al piano s cui si innesta il canto svagato e soprattutto le chitarre del nostro, che in un’atmosfera sognante si lanciano in lunghi e delicati assoli, sempre più rarefatti.

Nel proseguo del disco incontriamo la title track che si sviluppa con lievi percussioni e intrecci chitarristici dilatati e sognanti, il piccolo gioiellino di Like a Wounded Bird Try To Fly, una delicata batteria elettronica molto eighties a sostenere un arpeggio di acustica da serata davanti al camino e l’omaggio Tom Petty’s Gone (But Tell Him I Asked For Him), dove anche qui su un leggero tappeto di percussioni elettroniche il chitarrismo di Vile srotola una intrigante melodia.

Degne di nota anche le bonus track, una Must be Santa, recupero dal disco natalizio di Bob Dylan di alcuni anni fa e la notevole cover di Passenger Side dei Wilco, forse un ringraziamento al gruppo chicagoano che alcuni anni fa lo portò in tour come spalla (visti a Ferrara).

Un disco pacificato e pacificante, rilassato e piacevole in modo sotterraneo e quasi nascosto.

Meglio così, il piccolo Elfo è ancora tra noi.

Kurt Vile – Back to Moon Beach
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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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