Lambchop - The Bible

The Bible, ovvero la strana spiritualità di Kurt Wagner/Lambchop

Cantante confidenziale era il termine con cui, nell’Italia anni ’60-‘70, si indicava il crooner. I nostri leader del settore erano  Fred Bongusto e Bruno Martino, corrispettivi da rotonda sul mare  dei Frank Sinatra, Tony Bennett e Perry Como d’oltreoceano. Però confidenziale è un po’ diverso da crooner, dà più l’idea di qualcuno che  racconta, preferibilmente nel cuore della notte e preferibilmente con voce profonda e vissuta, qualcosa di sé e dei suo guai sentimentali.

Kurt Wagner, i Lambchop e le storie di The Bible

Sperando che non lo sappia mai, potremmo dire che Kurt Wagner, motore se non immobile comunque abbastanza rallentato dei  Lambchop, è un cantante confidenziale. Solo che non racconta di amori perduti. Ad esempio, in  The Bible (Merge), sedicesimo album con la sigla della costoletta d’agnello, affronta temi come la spiritualità (ma senza adesione religiosa), l’età che avanza, la credibilità del proprio fare musica e le difficoltà nel gestire un padre molto anziano. E fa tutto questo con un tono, appunto, confidenziale, da amico che ha bisogno di spiegarsi, ma che – ecco la cosa bella – cerca di ampliare il discorso, dire qualcosa di utile a tutti. A volte i versi risultano oscuri, altre volte evocano immagini che scintillano nell’oscurità: “Non importa il contenuto di ciò che fai/ ma ciò che provi alla fine”; “Questa cosa non mi sta bene/ Ma eccoci qui/ E non balla nessuno”; “Il futuro è così importante/ Questa è la ballata di un nerd della musica country”.

I suoni di The Bible

La musica di The Bible (che rinuncia in parte alla fascinosa astrattezza di Showtunes) è in perfetta sintonia con quest’attitudine. Il cantato-recitato di  Wagner si accompagna  con il piano del collaboratore recente Matthew Broder e con i rumori architettati dal produttore Ryan Olsen, oppure si lascia sopraffare dalle voci femminili nei momenti più mossi (tipo il funk di Little Black Boxes). Un po’ come accadeva a Leonard Cohen nei concerti degli ultimi anni.

Se qualche volta c’è un po’ troppa ponderosità, quasi sempre ci si stupisce nell’ascoltare la quantità di idee tanto quietamente espresse. Forse consapevole di poter risultare troppo massiccio,  Wagner/Lambchop serba per il finale i due momenti più struggenti: la ballata/inno So There e il manifesto (involontario?) per un’arte della maturità That’s Music. Verrso la fine della canzone lo si ascolta citare il titolo del primo album, I Hope You’re Sitting Down. Si potrebbe malinconicamente pensare a un commiato artistico, alla chiusura di un cerchio, ma le ultime parole suggeriscono un’irrequietezza a suo modo vitalista: “La generazione selvaggia/Adesso qui da me c’è uno straniero/ Possiamo resistere/Questa è la musica”. Parole che rincuorano anche chi la musica la ascolta.

Lambchop - The Bible
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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