Oh Me, Oh My: Lonnie Holley con un (non) piccolo aiuto dagli amici (famosi).
Che cos’è che ha fatto guadagnare le prime pagine dei magazine specializzati a un outsider come il settantaduenne Lonnie Holley? L’artista dell’Alabama fa dischi solo da una decina d’anni, mentre è più conosciuto come artista grafico e scultore. Holley non è un “cantante” in senso stretto e il suo salmodiare è assai particolare, quando non disturbante… Potremmo definirlo un performer a tutto tondo, vicino a colleghi come Gil Scott-Heron o Laurie Anderson. La sua recente esposizione mediatica si può giustificare, in parte, con il nutrito gruppo di ospiti che ha partecipato a Oh Me, Oh My (Jagjaguwar). Oltre all’ubiquo Jacknife Lee, che produce, conduce e suona mille arnesi, nel disco ci sono cameo di Michael Stipe, Sharon Van Etten e Bon Iver, oltre agli interventi della jazzista d’avanguardia Moor Mother e della cantante maliana Rokia Konè. Il difficile passato di Holley pesa come un macigno nei testi drammatici, che spesso assumono un tono vagamente paternalistico nei confronti della civiltà occidentale.
Oh Me, Oh My alla resa dei conti non convince
Per niente facile, quindi, ricavare un giudizio obiettivo su questo disco, sorvolando le sue evidenti debolezze. Alla fine Lonnie Holley convince solo a tratti, ma Oh Me, Oh My traccia senz’altro un percorso creativo coraggioso e impervio. Comunque è sempre importante che una musica laterale, minoritaria e ostica, venga portata alla luce grazie al traino dei grandi nomi, pur condizionando il giudizio. Analizzando i brani collaborativi si notano piccole differenze; Bon Iver s’impossessa con decisione del materiale, mentre Stipe lo decora senza farlo del tutto suo. Meglio fanno le donne, come Sharon Van Etten, che vocalizza per l’intero brano cui partecipa, senza pronunciare una sola frase… Il contributo di Moor Mother, invece, è decisamente più vicino all’arte meticcia di Holley, ma il momento migliore è l’apparizione di Rokia Koné, con la sua splendida voce a contrastare quella un po’ monotona di Holley. Maneggiare con cura, quindi, magari senza farsi attirare dalla lista degli invitati…
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Bella recensione
Grazie Carlo