Le parole di Michele Straniero messe in musica da Michele Gazich, Federico Sirianni: Domani Si Vive E Si Muore.
Quello di cui qui si parla non è solo un disco, peraltro molto bello, ma una “operazione culturale” di grande valore, che riporta alla ribalta quella straordinaria figura di intellettuale a tutto tondo che fu Michele Straniero. Non è certo questa la sede per ripercorrere la sua opera di ricercatore e “recuperatore” della tradizione musicale popolare italiana, culminata in quella fondamentale esperienza che fu Cantacronache, nella quale fu oltretutto capace di coinvolgere e aggregare alcuni dei più significativi intellettuali italiani dell’epoca, a cominciare da Italo Calvino e Umberto Eco. Alcuni anni fa suo nipote Giovanni scoprì fra le carte dello zio alcuni testi inediti e di cui non era neppure chiara la destinazione finale: testi per future canzoni? Poesie? Semplici pensieri messi per iscritto? Fatto sta che decise di coinvolgere due cantautori entrambi giustamente famosi – al di là delle diversità delle rispettive cifre stilistiche – proprio per il loro approccio particolarmente “poetico” alla scrittura di canzoni come Michele Gazich e Federico Sirianni.
Domani Si Vive E Si Muore
Il risultato finale è adesso questo disco, Domani Si Vive E Si Muore, che contiene otto canzoni su testi di Straniero, pur se in minima parte rielaborati per adattarli alla “metrica” della forma-canzone, più altri due brani – significativamente il primo e l’ultimo – a lui ispirati e in qualche modo a lui dedicati. Quello che viene fuori è il lato più intimo e personale di Straniero, come in quella Lettera Ai Genitori che Gazich canta con voce che a tratti si fa grido quasi “rabbioso” mentre Sirianni usa piuttosto la corda della malinconia. O come in Marta, deliziosa e quasi allegra canzone che si propone di “consolare” una ragazza che la vita ha contribuito ad intristire.
https://youtu.be/HQYd8G728Yw
Ma erano tempi in cui era difficile separare il “personale” dal “politico” – e forse non sarebbe male se tornassero – e così ecco i ritratti familiari di Le Case, Le Strade, La Gente sotto «un cielo pesante che sa di lamiera … la terra che geme e dà il giorno e la sera», o la quasi tenera invettiva di Da Un Cielo Umano.
Un inizio e una fine che meritano attenzione
Ogni canzone meriterebbe una menzione e un’analisi, ma lo spazio è tiranno; non si può però evitare di spendere qualche parola proprio sui due pezzi che aprono e chiudono il disco, evidente testimonianza della “serietà” e dell’affetto col quale i due musicisti-poeti hanno affrontato il lavoro. In Ho Incontrato Michele Straniero si immagina un incontro e un dialogo con quest’ultimo, cantato anche da Gualtiero Bertelli con la voce di uno che sembra appena uscito dall’osteria dopo essersi fatto un’ombra di bianco (sia chiaro, non è certo una critica ma un valore aggiunto!). Danzacronaca è invece una sorta di allegra danza macabra in cui si immagina Straniero guidare un corteo popolato dai suoi sodali o comunque da personaggi a lui in qualche modo affini e assimilabili: da Eco a Calvino, da Dolci a De André, da Gaber a quel Franco Lucà che forse più di tutti condivise con lui l’esperienza di Cantacronache.
Gli ospiti di di Michele Gazich e Federico Sirianni
Musicalmente il disco si avvale di una strumentazione spartana e di arrangiamenti semplici quanto raffinati, con Gazich che si affida al suo violino e Sirianni alla chitarra acustica mentre i due si spartiscono il pianoforte. Sul violino di Gazich ho già scritto e non serve aggiungere altro, se non che la sovraincisione di viola e violino in Il Corridoio Del Nautilus merita un ascolto particolarmente attento. Non mancano nei singoli brani collaborazioni eccellenti: Marco Lamberti, storico inseparabile collaboratore di Gazich dismette quasi sempre l’abituale chitarra acustica per imbracciare spesso il basso e il banjo con cui dà al brano iniziale un sapore quasi country. Giovanna Famulari presta violoncello e voce nel brano finale mentre Maurizio Bettelli interviene in alcuni brani con la sua armonica e Andrea Del Favero fa altrettanto col suo organetto. Impossibile poi non citare gli “illustri” inserti vocali di Giovanna Marini, Alessio Lega e Moni Ovadia. Un disco che non è solo un disco, ma nondimeno è un gran bel disco.
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