The Land Is Inhospitable And So Are We: eppure il disco di Mitski è, a suo modo, “ospitale”.
I primi secondi di Bug Like An Angel per voce, chitarra e testo problematico fanno pensare alla classica canzone d’autore americana contemporanea pochi accordi e tanto malessere: “As I gol older, I learned I’m a drinker/ Sometimes a drink feels like family”. Poi però arriva un coro possente e straniante che enfatizza la parola “family” ed è chiaro che siamo in un mondo diverso.
Il settimo album di Mitski
The Land Is Inhospitable And So Are We (Dead Oceans) è il settimo album – in 11 anni di carriera – di Mitski Myawaki. Se i due precedenti, Be The Cowboy e Laurel Hell, tendevano verso l’elettronica vintage, qui il suono è dominato dall’orchestra di Drew Erickson e dal coro di cui si è detto. A volte, come in When Memories Snow, viene da pensare alle colonne sonore western anni ’50, altre volte, ad esempio in Don’t Like My Mind, eccoci in puro stile Americana: paesaggi ampi e in technicolor a scelta fra Monument Valley o Big Sur. Le parole però stringono l’inquadratura e virano al bianco e nero: “I don’t like my mind, I don’t like being left alone in a room and I work myself to the bone/And on an inconvenient Christmas, I eat a cake”.
Ambizioni ed esiti di The Land Is Inhospitable And So Are We
Potrebbe essere un ambizioso pasticcio, invece è un ambizioso gioco di echi e rimandi, come se la realtà rasoterra delle liriche veicolate dal canto di Mitski si facesse portare in alto da archi, fiati e voci. Si potrebbe pensare a un parallelo con Lana Del Rey – anche lei utilizzatrice delle partiture di Erickson – la quale però agisce in una dimensione noir più univoca, mentre qui ci sono sempre sottili variazioni di atmosfere e anche di stati d’animo (in mezzo a tante tristezze il sesso rasserenante di Heaven) e tutto è più conciso: 11 pezzi per 32 minuti complessivi ricchi d’intensità e struggimento.
Mitski si accomiata con l’agrodolce presa di coscienza di I Love Me After You: “Streets are mine, the night is mine/ All my own, how/ I love me after you/ King of all the land/ I’m king of all the land” . Ma alla resa dei conti è l’intero album che, nonostante tutto e forse nonostante se stesso, finisce per comunicare una sua idea di positività. Ad esempio perché dimostra che ognuno di noi può avere un’orchestra dentro di sé. E poi perché spiega come in musica esistono sempre possibilità di stupire partendo da elementi noti. Basta provare a combinarli anche quando sembra impossibile.
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