Nick Cave & Warren Ellis - Carnage

Carnage: primo disco di “canzoni” per Nick Cave e Warren Ellis.

Si ritorna a parlare di un disco in studio di Nick Cave un anno e mezzo dopo l’acclamato Ghosteen. Acclamato più o meno da tutti con la quasi unica eccezione di Tomtomrock. Il risultato di quella recensione fu una raffica di astiose cannonate (a salve, in verità) da parte dei caviani tutti d’un pezzo, ma anche di commenti tipo “Pure io lo trovo noioso, ma sembra sia un delitto di lesa maestà”.

Per tale ragione, prima di iniziare a parlare di Carnage, vale la pena fare una precisazione: la redazione di Tomtomrock  considera Nick Cave uno dei suoi musicisti di riferimento in quanto artista che ha dato spessore e autorevolezza al “rock” e ne ha parlato ogni qualvolta si è presentata  l’occasione (oltre ad averlo ascoltato in più occasioni dal vivo).  Ciò detto, un disco è una cosa con della musica dentro e in Ghosteen la musica si ascoltava con fatica, a prescindere dalle parole che erano sovente magnifiche.

Carnage e il lockdown

Dunque è trascorso un anno e mezzo da quelle polemiche e che anno e mezzo (purtroppo) è stato! Come già ampiamente riferito dalla stampa mondiale, Carnage è nato durante il lockdown. È accreditato a Nick Cave e Warren Ellis, prima collaborazione fra i due ad abbandonare il mondo delle colonne sonore. Secondo il Guardian la scelta di lavorare come duo fa di necessità virtù: il timore del contagio avrebbe sconsigliato il ricongiungimento in studio di tutti i Bad Seeds.

I primi istanti dell’iniziale Hand Of God fanno sperare benissimo: bordate di archi e una melodia fosca e intensa che riporta indietro sino ai tempi di Tupelo (wow!). Le parole attingono con vividezza al sempre amato Vecchio Testamento e a immagini della natura che paiono rimandare a una rinascita spirituale dopo il lungo tunnel di sofferenza che aveva avvolto sia Ghosteen sia il precedente Skeleton Tree: “Sto andando al fiume/ Dove le correnti viaggiano precipitose Nuoterò fino al centro/ Dove l’acqua è davvero alta”.

Old Time affronta direttamente il tema del confinamento ampliandolo a un discorso di carattere più generale su una contemporaneità che già da tempo annichilisce le speranze: “Gli alberi sono neri e la storia/ Ci ha trascinato in ginocchio/ In un’era fredda/ I sogni di ognuno sono morti”. A questo punto appare già evidente come il Cave poeta sia al solito  intenso, ma con una concisione che Ghosteen sovente perdeva di vista. Peccato che la musica funzioni da sottofondo alle parole, come se si trattasse di un brano da colonna sonora a cui è stato aggiunto un testo.

Carnage e le melodie

Solo al terzo brano, quello che titola l’album, si ascolta qualcosa di simile a un ritornello, ma  molto trattenuto. Viene da pensare che possa rappresentare il primo passo di un ritorno alla melodia che si accompagna al lento ritorno alla vita dopo la carneficina (evocata pochi versi prima dall’immagine di un tacchino decapitato). “Ed è solo amore / Con un pochino di pioggia/ E spero di rivederti ancora”.

White Elephant  è il momento più strano del disco. Parole apocalittiche in cui si evoca “la grande e grigia ombra di furore” fatta di disordini razziali e politici paranoici autori e musica che trova finalmente un’apertura corale. Un’apertura molto poco alla Nick Cave però e quasi da musical. L’idea lascia vagamente perplessi, anche se potrebbe essere un interessante  spunto per il futuro.

Albuquerque ritorna a quella fragilità che sembra essere uno dei temi di Carnage, anche se qui l’attualità è più evidente che altrove: “E non andremo ad Amsterdam/ O su quel lago in Africa, amore mio/ E non andremo da nessuna parte/ In nessun momento di quest’anno”.

Nick Cave e Warren Ellis sono entrambi perfetti, ma…

Lavender Fields e Shattered Ground ribadiscono quanto detto sinora. Le liriche sono perfette – giusto con un po’ di hybris più che giustificata dato il talento. E sono  così perfette che potrebbero non avere bisogno di musica. Perfetti anche i suoni approntati da Warren Ellis, a volte essenziali a volte quasi sinfonici a volte evocativi dei lontani lavori con i Dirty Three. Il problema è che le due perfezioni viaggiano in parallelo incontrandosi solo in qualche punto e l’interesse per le canzoni dopo un po’ si spegne.

Per fortuna la conclusiva Balcony Man invia bei segnali di luce da ogni angolazione. C’è un uomo su un balcone con ai piedi scarpe da lap dance che si gode il sole, un’idea di futuro abbastanza felice e anche una melodia che si apre poco a poco. L’ultimo verso cita forse Hölderlin e  ci ricorda perché, nonostante qualche incertezza, vale la pena voler bene a Nick Cave: “Ciò che non ti uccide, ti rende più pazzo”.

Un’ultima considerazione. Secondo qualcuno questo è il disco definitivo sul lockdown. Forse è vero, però una volta terminato di ascoltare Carnage si potrebbe passare a un altro lavoro nato e ispirato dalla reclusione sanitaria ma con  tiro e immagini diverse, ovvero Spare Ribs degli Sleaford Mods.

P.S. Il disco è uscito il 25 febbraio come streaming su tutte le piattaforme. Per i formati fisici occorrerà aspettare il 28 maggio.

Nick Cave & Warren Ellis - Carnage
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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