Dai Deadburger a OSSI.
L’impossibilità di incasellare i Deadburger in un genere musicale non è solo un problema del povero recensore, che per una volta si deve sforzare di uscire dai propri schemi comunicativi, ma è proprio il punto focale di tutto il progetto, che nasce non tanto come gruppo, quanto come laboratorio musicale aperto a tutto e a tutti. Tanto che anche il nome può cambiare a proprio piacimento a seconda delle occasioni, e così in questo caso OSSI (Snowdonia) rappresenta sia un side-project di quel laboratorio, che comunque ruota sempre intorno alle figure di Vittorio Nistri e Simone Tilli, sia anche il titolo del nuovo album.
Dire che in questo nuovo progetto ci si ritrova alle prese con la stessa band è davvero difficile, OSSI infatti è un disco puramente rock nello spirito, che richiama certo rock psichedelico italiano dei bassifondi dei primi anni 80, e siamo ben lontani dall’avanguardia dell’album La Chiamata del 2020, ad esempio. Non a caso i due, per alzare il volume delle chitarre, hanno chiamato alcuni indomiti veterani come Dome La Muerte dei Not Moving e Andrea Appino dei Zen Circus, oltre al batterista Bruno Dorella, altro nome di punta dell’underground italiano (Wolfango, Ronin, OVO, Bachi da Pietra sono solo alcuni dei gruppi in cui ha militato).
OSSI è Deadburger versione punk-rock
Ventriloquist Rock apre l’album in tono da veri punk-rocker, con reali insulti sentiti in tribune politiche sputati sui ritornelli. Ricariche segue con un’aria più new-wave, visto il largo uso di loops e sintetizzatori (si parla di prostituzione minorile), ma come al loro solito a Nistri e Tilli piace mischiare le carte, e così Hasta la Sconfitta Siempre è un atipico rock-blues con tanto di tagliente armonica, a cui fanno seguito la divertente ballata Toy Boy sulle “cougar” moderne e il medley di sette piccoli brani di Out Demons Out, significativo patchwork delle più ridicole dichiarazioni negazioniste del periodo del covid, in cui la band sperimenta liberamente su una ipnotica base funky.
Il lato B del vinile (al momento unico formato fisico previsto) si apre con Monk Time, jazz psichedelico sul tema più che mai attuale del “se l’uomo fa violenza sulle donne è perché loro provocano”, seguito poi dalla quasi glam-rock Miss Tendopoli, dalla questione del mondo lavoro con la nuova guerra tra imprenditori e lavoratori di Naturalmente Non Possiamo Pagarti, dall’ironia sulle mode e le etichette di Lei è Grunge, Lui Urban Cowboy, per finire con il quasi cow-punk in salsa sicula di O’ Pisciaturu e la situazione femminile di Per Sollevare il Morale del Capo, che è in medley con la strumentale title-track. Finale con Navarre, storia di amore per gli animali, quasi un momento di speranza in una umanità migliore dopo tutta la desolazione intellettuale sentita nel corso del disco.
La confezione del vinile è una piccola opera d’arte
Al di là dei temi affrontati, quello che piace molto di OSSI è la capacità di usare modelli vecchi (di fatto è un disco che poteva uscire nel 1984), aggiornati però con sperimentazioni moderne mai invadenti e fini a sé stesse. Aggiungete poi che la confezione del vinile è una piccola opera d’arte che comprende, oltre alla copertina con un disegno di Andrea Pazienza, anche un libretto realizzato in forma di fumetto (il disegnatore è Ugo De Lucchi) con i testi in italiano, e un inserto con gli stessi testi non solo tradotti in inglese, ma anche spiegati al pubblico anglofono (con effetti anche comici), che di certo non può da solo comprendere riferimenti, citazioni e voci che fanno parte della nostra cultura. Anche se, dopo l’ascolto di OSSI, chiamarla “cultura” sarà ancora più difficile.
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