Dopo Lingua Ignota, è il momento di Reverend Kristin Michael Hayter: Saved!
Dopo quattro dischi di rara originalità e intensità Kristin Hayter abbandona il programmatico moniker di Lingua Ignota per assumerne un altro che modifica in modo altrettanto programmatico il suo vero nome. Non riusciamo a decodificare il significato di quel “Michael” inserito fra il nome e il cognome – improbabile che si tratti del suo secondo nome – ma quel Reverend che precede la dice da subito abbastanza lunga sul “messaggio” che la musicista californiana, ma ormai trapiantata sulla East Cost, intende trasmettere e anche, in ultima analisi, su cosa ci aspetta all’ascolto del disco.
In ultima analisi Saved! prosegue sulla strada già tracciata dal precedente Sinner Get Ready, in cui i gridi di dolore lasciavano sempre più spesso il posto a una ricerca di pace interiore non priva di speranza. Anche dal punto di vista musicale si rafforza la tendenza a diminuire molto, fino ad abbandonare, le sfumature industrial e noise che avevano caratterizzato il precedente Caligula e a ridurre al massimo l’uso dell’elettronica in favore di strumenti tradizionali, ancorché “modificati”: nella fattispecie la fa piuttosto da padrone un pianoforte preparato, forse neppure accordato perfettamente.
Un tuffo nella Bible Belt
Il “reverendo” Hayter ci porta all’interno di una chiesa di un villaggio della Bible Belt dove si cantano le lodi del Signore e si cerca la salvezza onorandolo col canto e dove qualcuno registra questi canti con mezzi di fortuna su vecchi nastri ormai logori. Si ascolti il brano d’esordio, I’m Getting Out While I Can, con i suoi frequenti e repentini sbalzi di volume, o There Is Power In The Blood, che termina bruscamente come se quel nastro logoro si fosse strappato. Il repertorio comprende, oltre a composizioni originali, vecchi inni religiosi come There Is Power In The Blood o Precious Lord Take My Hand – noto anche per l’interpretazione di Mahalia Jackson – e brani tradizionali come The Poor Wayfaring Stranger, qui fortemente destrutturata dal piano preparato e introdotta da un angosciante coacervo di lamenti urlati. Tradizionali sono anche l’inno Nothing But The Blood Of Jesus e il gospel-blues I Know His Blood Can Make Me Whole, ma in generale è il tema del sangue di Cristo e del suo potere di redenzione a irrorare – se ci viene passato il termine – l’intero disco.
Il percorso di Reverend Kristin Michael Hayter – Saved!
Non sappiamo se la Hayter abbia avuto una vera e propria “folgorazione” religiosa, ma è piuttosto certo che in questo potere di redenzione l’artista californiana sembra credere molto e sono proprio i brani in cui il sangue è protagonista quelli nei quali la sua bella voce si fa più limpida. Il percorso tuttavia è ancora abbastanza lontano e i fantasmi del passato tornano a presentare il conto. Si ascolti Idumea, con il piano preparato che accompagna degnamente un canto “corale” tanto ispirato quanto straziato.
E ancor più “parlante” in questo senso la lunga conclusiva How Can I Keep From Singing, nella quale una melodia e una voce dolcissime vengono da un certo punto in poi accompagnate da un sottofondo sovrainciso di angosciosi incomprensibili lamenti che sconfinano spesso in un rabbioso urlo di dolore che da interiore si fa “fisico” e che negli ultimi due degli otto minuti di durata restano incontrastati padroni della scena sonora. Possiamo leggervi un ulteriore richiamo agli episodi di glossolalia che sono parte importante della “scena” di evangelici e cristiani rinati statunitensi. Se volete passare una quarantacinquina di minuti per rilassarvi in tranquillità mettete qualcos’altro sul piatto o nel lettore cd, ma se deciderete di ascoltare l’ultima fatica del Reverendo Kristin Hayter non ve ne pentirete.
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