Shirley Collins: 85 anni di musica.
Heart’s Ease è per Shirley Collins il disco della seconda maturità artistica, raggiunta all’età di 85 anni. L’album della prima maturità fu Anthems In Eden, pubblicato nel 1969, quando gli anni erano 31. E forse non è un caso che i due lavori siano accomunati da una canzone-chiave, ma di questo diremo più avanti.
La prima maturità di Shirley Collins – Anthems In Eden
Nel 1969 Shirley e la sorella Dolly ebbero l’idea di riunire una serie di brani tradizionali all’interno di una suite intitolata Anthems In Eden, con l’intento di illustrare il ciclo dell’umana esistenza in un’Inghilterra rurale che andava scomparendo. Ad accompagnarle l’Early Music Consort di David Munrow, autentica rockstar della musica antica. Il risultato fu uno dei momenti decisivi del folk revival britannico, un esempio di circolo virtuoso presente-passato-presente importante quanto il coevo (e peraltro diversissimo) Liege & Lief dei Fairport Convention.
La seconda maturità di Shirley Collins – Heart’s Ease
La cristallina eppure arcana voce di Shirley Collins è costretta al silenzio a inizio anni ’80 dalla disfonia, un disturbo da stress psichico che le impedisce di cantare fino al 2014. Poi i primi tentativi di recupero con l’aiuto dell’ammiratore David Tibet dei Current 93, Nel 2016 arriva l’album Lodestar che che riceve recensioni giustamente entusiastiche. Shirley Collins non è più patrimonio della musica folk ma di tutta la musica. Lo stesso Tibet la definisce “un archetipo”.
Heart’s Ease arriva quasi quattro anni dopo e ci propone un’artista sicura dei propri mezzi e che non ha più paura di recarsi in sala d’incisione (Lodestar era frutto di registrazioni domestiche, uccellini inclusi). La voce, che già nel lavoro precedente era ineccepibile quanto a fraseggio, ora mostra anche un timbro più fermo. Ancora una volta meritano un encomio solenne gli arrangiamenti di Ian Kearey, essenziali (due-tre strumenti al massimo) eppure avvolgenti.
È nel repertorio che qualcosa cambia. Se in Lodestar abbondavano truculente murder ballads, qui abbiamo invece la serenità invernale di The Christmas Song, la ritualità sexy di Rolling In The Dew, la pace in musica di Wondrous Love e persino il racconto marinaresco a lieto fine Canadee-I-O. Altra novità è rappresentata dalla presenza di episodi non legati al “tradizionale arrangiato”. Fra questi Locked In Ice, storia di una nave fantasma alla deriva fra i ghiacci dell’Artide, e la stupefacente Crowlink in viaggio fra ambient ed elettronica. Shirley Collins racconta ancora una volta la sua inglesità (“Ma i miei inglesi sono quelli poveri” tiene a precisare) così come il suo passato (Sweet, Greens & Blues) o i suoi luoghi del cuore (la già citata Crowlink).
Proprio per questa dimensione di compendio umano e artistico Heart’s Ease va considerato il disco della seconda maturità dell’artista. E a tale riguardo va aggiunta ancora una cosa.
Le due Dancing At Whitsun
In Anthems In Eden compariva la prima versione di Dancing At Whitsun, musica tradizionale e parole di Austin John Marshall, all’epoca marito di Shirley. La canzone è un tributo alle mogli e fidanzate dei soldati morti durante la prima guerra mondiale che tennero viva la tradizione, fino a quel momento solo maschile, del morris dancing. A fine anni ’60 molte di quelle donne erano ancora in vita e la musicista ricorda ancora la loro palpabile emozione nell’ascoltare il pezzo durante i concerto. Oltre 50 anni dopo Shirley Collins ha deciso di ricantare Dancing At Whitsun su Heart’s Ease ed è come se lei, le vedove di guerra, i loro amori perduti in una trincea francese e tanti altri volti, storie, canzoni si fondessero insieme. Finalmente senza dolore. D’altronde Heart’s Ease significa proprio animo pacificato.
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