Il passato dei Simple Minds.
Fa un certo effetto trovarsi tra le mani nel 2018 un disco dei Simple Minds, senz’altro una della band che più di qualsiasi altra proveniente dei tardi anni’70, ha saputo, nel bene e (un po’ troppo spesso) nel male, reinventarsi e rimodellarsi. Un concetto canonizzato nel lontano 1972 dal titolo del primo brano dell’eponimo debutto dei Roxy Music…
Il primo album della formazione scozzese tanto infatti doveva alla band di Eno e Ferry, sia nell’estetica musicale che nell’attitudine tardo glam e già, da lì a poco, le coordinate cambiarono repentinamente con il secondo album. Tra l’altro Jim Kerr raccontò che, appena uscì l’opera prima Life In A Day, la band era tutta contenta del risultato. Ma, accendendo la radio, sentirono Unknown Pleasures dei Joy Division e la depressione calò sulla combriccola…
Questo per dire che la personalità della band fu sempre messa a repentaglio da tempi e periodi storici e tale atteggiamento resiste a tutt’oggi.
Oggi i Simple Minds tornano con Walk Between Worlds
Walk Between Worlds mantiene esattamente le promesse (non miracolose, per parafrasi…) che Kerr e Charlie Burchill, unici superstiti della formazione originaria, intendono rinnovare alle generazioni presenti e pure un po’ passate.
L’album si dipana, appunto, tra due immaginari mondi, due ideali facciate di un LP, la prima con residui di inni pomp rock e la seconda più improntata su songs che navigano in paesaggi sonori. Quindi da una parte si balla e dall’altra pseudorelax. Personalmente detesto il singolo Magic, troppo contemporaneo, per i miei gusti, mentre apprezzo The Signal And The Noise, titolo molto Enofilo, e riconosco dignità a Sense Of Discovery.
Il resto è da buttare? Dipende da chi ascolta, io ho le orecchie viziate dalla conoscenza profonda della band e storco, a tratti, il naso. Ma altre generazioni invece potrebbero apprezzare eccome.
Walk Between Worlds presentato in un imminente tour
Prodromo alla tournèe che toccherà anche i nostri lidi, immagino che questo lavoro sarà molto più apprezzato live che non su supporto. Anche perché Kerr resta discreto, checché appesantito, performer e, complice la riproposizione dei vecchi classici, lo show porterà lacrimucce e psychorimpianti… Big Music mi era piaciuto di più, ma una chance anche a questo volevo darla. Attendo la prossima rigenerazione, i Simple Minds sono i Doctor Who della musica.
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