Soccer Mommy e una Color Theory piuttosto plumbea.

Color Theory, secondo album di Soccer Mommy (vero nome Sophie Allison) è un disco serio. È strutturato in tre parti, ognuna legata a un colore e a uno stato d’animo. Sezione 1: blu – tristezza e depressione. Sezione 2: giallo – malattia fisica e mentale. Sezione 3: grigio – oscurità e perdita.
Color Theory: la musica come (complicata) cura
Inutile dire che la ventiduenne nashvilliana non ha fin qui conosciuto una vita felice tra drammi familiari e una depressione che inizia a frequentarla già dall’adolescenza. La musica in questi casi è sempre una cura. In tal senso il pezzo emblematico di Color Theory è Royal Screw Up. La si potrebbe considerare una mini sceneggiatura da film a basso budget; una giovane problematica imbraccia la chitarra prima impacciata e poi sempre più sicura di sé con tanto di sezione ritmica e persino orchestra. (E nessuno ancora le dice che non è obbligata a cantare per tutto il pezzo ma può fare delle pause.) Questo piccolo percorso positivo non è troppo in sintonia con il testo: “La mia camera / E’ il regno della Principessa Rovinatutto / Io sarò il drago / E mi terrò prigioniera / Il mio mondo affonda / E io sono il Capitano di tutto ciò”.
L’incontro fra musica e suoni secondo Soccer Mommy
La faccenda sembra piuttosto massiccia. Eppure Color Theory riesce a dare a testi tanto plumbei una sorta di luce interna fatta di melodie più delicate che ansiose, strumentazione nitida (complimenti alla produzione di Gabe Wax) e una doverosa varietà di situazioni sonore. Un’ottima idea è, ad esempio, collocare un pezzo energico come Crawling In My Skin dopo la claustrofobica Night Swimming e prima della straziata (ma avvolgente) Yellow Is The Color Of Her Eyes, un fermo immagine sulla lunga malattia della madre dell’artista: “Il luminoso sole d’Agosto è come se fosse giallo/ Il colore dei suoi occhi è così giallo”.
Nel finale (che il recensore del NME ha stranamente trovato catartico) il male di vivere sembra però prendere davvero il sopravvento. Indiscutibilmente, la musica non riesce a creare autodifese sufficienti in Stain (desolata tout court) e Gray Light, punteggiata da distorsioni che conducono a un verso davvero conclusivo: “Vedo mia madre affondare”.
Il futuro artistico (e non solo) di Soccer Mommy
Chiaro che in un contesto simile prescindere dai contenuti lirici è pressoché impossibile e magari inopportuno. Ciò detto, l’album suona a tratti un po’ indie-generico e nessuna delle melodie risulta davvero memorabile. Considerata la giovana età, c’è comunque da immaginare che in futuro la scrittura di Soccer Mommy si possa evolvere in modo più incisivo (come è successo, disco dopo disco, a Sharon Van Etten). Soprattutto c’è da sperare la nostra Sophie cominci a stare un po’ meglio.
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