Focus On Nature è il ventinovesimo album di Bevis Frond, uno che la fatica (artistica) non sa cosa sia.
Probabilmente esiste una sorta di universo parallelo in cui vivono una razza di musicisti marziani che paiono completamente avulsi dal mondo dello show business o da qualsiasi scena del mondo del rock, e abitano nel loro mondo da decenni pubblicando la loro musica fuori dal tempo, dalle mode, e probabilmente fuori anche dal pianeta terra appunto. Gente come Robyn Hitchcock, Julian Cope, o come anche Nick Saloman, che alimenta da anni il rock più psichedelico e sotterraneo di terra britannica con una produzione da sempre pingue e continua. Con la sigla The Bevis Frond Saloman è arrivato al ventinovesimo titolo dal 1987 ad oggi, ma potrei anche aver sbagliato i conti visto il disordine dato dall’autoproduzione tramite la sua Woronzow Records e altre etichette, e davvero dovessi consigliare qualche suo titolo dovremmo scrivere un libro a parte.
Focus On Nature è una summa dell’arte di Nick Saloman/Bevis Frond
Ci importa segnalare però che in un epoca di album di vecchie glorie del classic-rock che, nonostante abbiano ancora qualcosa da dire, ci fanno scrivere “se non conoscete questo artista non partite da questo ultimo album, ma dai suoi classici”, questo doppio e lungo Focus on Nature (Fire Records) potrebbe invece davvero rappresentare un ideale “Greatest Hits” del personaggio, nonostante di vere “Hit” lui non ne abbia mai avute, e soprattutto nonostante il materiale, ben 19 canzoni, sia tutto nuovissimo e non certo d’archivio. Ma stilisticamente qui c’è tutto il suo mondo, prodotto al meglio tra l’altro, visto che dopo il precedente (sempre doppio) Little Eden, che era frutto di registrazioni casalinghe da era-lockdown, qui Saloman ha riunito in uno vero studio di registrazione di Bexhille-On-Sea alcuni ottimi musicisti della scena UK come Dave Palmer, Paul Simmons Dave Pearce e Louis Wigett.
Un disco che è un mondo sonoro fuori dal tempo
Per cui non spaventatevi troppo per la mole dell’album, e, soprattutto, chi segue The Bevis Frond, sa benissimo che è inutile fare discorsi di opportunità discografica e strategie di mercato. Se si entra in questo album si accede quasi in una sorta di setta religiosa dedita a quel mondo folk e psych-rock di derivazione sixities che ha sicuramente in Syd Barrett l’indiscusso capostipite e gran maestro. Poi Saloman ci mette in più chitarre distorte, tra Jimi Hendrix (The Hug) e John Cipollina (godetevi quel lungo gioiello che è Mr. Fred Disco), ci mette melodie da pop band lisergica d’altri tempi tipo i Blues Magoos o similari (Happy Wings), ci aggiunge la lezione dell’underground anni 80 (God’s Gift), e condisce il tutto con testi divertenti o volutamente stralunati (A Mirror). Ci mette, insomma, la propria fiera appartenenza ad una cultura che era lontana dalla modernità già fin dalla nascita.
Poi qui e là ci mette pure il fatto che se vuole scrivere una grande canzone lo sa fare (vedi ad esempio Brocadine), e avrete già abbastanza buone ragioni per comprare un album che, al di là di un vago filo conduttore ecologista che lo anima nelle liriche, rappresenta un piccolo manuale di un suono che non conosce davvero stanchezza e vecchiaia.
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