Recensione: The Black Keys – Delta KreamEasy Eye Sound / Nonesuch Records – 2021

L’omaggio dei Black Keys al blues che li ha formati: Delta Kream.

Sono passati due anni dal precedente Let’s Rock, e i Black Keys si prendono una pausa dai doveri di composizione: Delta Kream è infatti costituito di cover, dodici per l’esattezza, pescate nel repertorio dello hill country blues, un genere che si sviluppa nel nord del Mississippi, caratterizzato da uno stile chitarristico abbastanza preciso, dotato di una forte ritmicità. Curioso che Dan Auerbach e Patrick Carney abbiano scelto il titolo Delta Kream, che farebbe pensare piuttosto al Delta blues, variante più nota e praticata, ma nella quale si riconoscono soltanto due degli autori ripresi nel disco, ossia Big Joe Williams e John Lee Hooker. Gli altri bluesmen che forniscono il repertorio ai Black Keys sono Fred McDowell, Ranie Burnette, R. L. Burnside e soprattutto Junior Kimbrough, del quale riprendono ben cinque brani.

Recensione: The Black Keys – Delta Kream
Easy Eye Sound / Nonesuch Records – 2021

Alcuni fra questi musicisti sono stati apprezzati solo tardivamente da un pubblico ampio: nati in un periodo compreso fra il 1903 di Williams e il 1930 di Kimbrough, hanno fatto gavetta nei juke joints, baracche ai limiti della legalità nei quali gli afro-americani potevano giocare, bere, danzare e, appunto, suonare. Perché del blues noi abbiamo spesso questa immagine malinconica e intimista, mentre dovremmo pensare alla sua ritmicità come a un rimando al fatto che, nei locali in cui si suonava, la gente andava per divertirsi, ed è dunque nata anche come musica di intrattenimento. In particolare, lo hill country blues è uno stile prettamente rurale, non urbano e in ciò diverso dagli altri. Forse anche per questo i suoi musicisti sono arrivati alla notorietà tardi; alcuni con l’interesse per il folk maturato negli anni ’60, altri addirittura negli anni ’90: è il caso di Junior Kimbrough. Partecipi dell’omaggio Kenny Brown e Eric Deaton, entrambi nelle band di Kimbrough et R. L. Burnside, e che hanno accompagnato i Black Keys nelle session rapide e, a quanto si legge, spontanee che hanno dato vita a Delta Kream.

Do the Romp

Nel disco d’esordio dei Black Keys, The Big Come Up (2002), era già presente un brano di Kimbrough che ritroviamo anche in Delta Kream: Do The Romp, su quel disco intitolato Do The Rump. Interessante il confronto fra le due versioni: allora un brano grezzo, molto più veloce dell’originale, con Auerbach che riproduce il riff che caratterizza la canzone, e Carney che accompagna con una ritmica basica. Oggi il duo rallenta lievemente il ritmo, ma soprattutto arricchisce il suono (come per tutto il disco) con un’altra chitarra e il basso (altrove anche con tastiere e percussioni). Sempre riconoscibile, Do The Romp perde quella ruralità, quello stile grezzo originario e si avvicina al blues-rock, il che è un po’ il marchio di fabbrica di tutto Delta Kream. A titolo di curiosità, nel 2005 la Fat Possum, che nel decennio precedente aveva lanciato un già sessantenne Kimbrough (morto nel 1998) su una scena divenuta evidentemente ricettiva per quel genere, proponeva una interessante raccolta di sue cover (Sunday Nights: The Songs of Junior Kimbrough: c’erano già anche i Black Keys con My Mind Is Ramblin), con contributi degli Stooges, di Mark Lanegan e di altri. Do The Romp è interpretata da Cat Power, sempre molto brava con le cover, che ne tira fuori tutto lo spirito soul. In Sunday Nights troviamo versioni un po’ più dissacranti rispetto agli originali di quanto non si senta su Delta Kream, ed è ovviamente questione di gusti individuali quale delle interpretazioni piacerà di più.

The Black Keys, Delta Kream e la tradizione americana

A ben vedere, anche la proposta di Auerbach e Carney in effetti non è poi così aderente agli originali, al di là della linea melodica che viene sempre mantenuta. Il duo sceglie infatti di applicare a quella musica rurale e basica uno stile che evidentemente non poteva appartenerle, e così facendo avvicina le canzoni di Delta Kream all’approccio tradizionalmente rock che ha caratterizzato gli ultimi dischi dei Black Keys, diversamente dal garage-blues delle origini e dalla fase più sperimentale (e migliore, almeno per me) di Attack & Release e dintorni.

 

Lo si sente bene nel brano che hanno scelto come apripista, Crawling Kingsnake, originariamente di Big Joe Williams e John Lee Hooker, che qui diviene un fluido blues-rock consueto come le scene di auto, treni e baracche (cfr. il video) tipiche dell’immaginario ultra-americano. Diciamo che negli ultimi dieci anni i Black Keys hanno scelto di farsi interpreti di quell’immaginario mettendo da parte ogni velleità di cambiarlo: Delta Kream si colloca in quella scia, e quanto vi piacerà dipende dal grado di amore che nutrite verso di esso.

The Black Keys – Delta Kream
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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