Recensione: The Smile - A Light For Attracting Attention

Quasi un supergruppo: The Smile – A Light For Attracting Attention

Vive la difference! Ecco, una cosa che consente a me (Marcello) ed a Elisabetta di vivere sotto lo stesso tetto da qualche tempo, sono proprio le differenze, soprattutto in gusti musicali. Ne consegue, che le rare volte in cui si individui un artista che piace a tutti e due, non sempre le reazioni all’ascolto siano identiche.

Accade quindi che esca questo primo album dei The Smile ovvero Thom Yorke, Jonny Greenwood e Tom Skinner, dei Sons Of Kemet, in veste di sopraffino batterista, ovvero le due teste pensanti dei Radiohead fuori dalla casa madre in un lavoro, A Light For Attracting Attention (XL Recordings) già anticipato da singoli molto diversi da loro, che abbiamo ascoltato insieme e da qui segue il succinto dialogo recensorio.

Troppo Radiohead?

M: “uhm…The Same mi suona un pò come le ultime cose dei Radiohead, molta voglia di essere electro alt ma mi domando dove stia la canzone…”
E: “eccole, le ossessioni di Thom Yorke, crepuscolare”.
M: “ecco, questi sono ritmi alla Fela Kuti, come si chiama? The Opposite? Si, a parte la ritmica davvero afroafro continuo a cercare di capire se questa roba proposta da emeriti sconosciuti sarebbe pubblicata o ascoltata…”
E: “‘Sto batterista ha un tocco goduriosissimo. Il pezzo vale solo per lui”.
M: “You Will Never Work In Television Again, e ti credo, siamo dalle parti di un proto kraut o un tardo punk? Probabile si siano pure divertiti a suonarla, tra una coca cola e la pennica del pomeriggio, ma siamo anagraficamente fuori tempo massimo”.
E: “Strizzano l’occhietto al punk? Ma la voce di Tom non regge… con quel filo di voce rotten, ma non abbastanza”.

Già sentita in Peaky Blinders

M: “Ah, questa la conosco! Pana-vision, era nell’ultimo episodio conclusivo di Peaky Blinders! Infatti, sentendola mi son detto, ma chi è sto qui che copia Yorke? E infatti è proprio Yorke, mi piace, voglio un album intero così, con quei fiati tanto exploitation e quel pianoforte reiterato, ce ne sono altre così nel disco?”

E: “Bella! Con queste leggere dissonanze e il basso corposo e morbido. Siamo d’accordo, anche io voglio un disco tutto così”.
M: “Aridaje con l’afrobeat dub, vabbè son io che difetto, ma queste cose le masticavo quando, per via dei Talking Heads, ci andammo a scoprire i veri profeti di quei suoni, nomi sconosciuti e forse oggi neanche più ricordati… Ok per la progressione seduttiva del cantato, meglio di altro, sarà che adoro i fiati di questa The Smoke”.

Un grande batterista per The Smile – A Light For Attracting Attention, ma…

E: “Disco bipolare. Mi sembra di stare negli anni ’80 dub master”.
M “Speech Bubbles mi sta già meglio, più atmosferica e quasi rettiliana, una Trust In Me per la nuova epoca”.
E: “Quasi ci sento i sincopati classici dei passi latini, dai, non mi dispiace”.
M: “Frippiamo? Pare di sì dall’inizio di Thin Thing, poi però l’inizio arriva così anche alla fine, ok la circolarità però…”
E: “Che pippone”.
M: “Brian Eno docet in Open The Floodgates, queste sono le rimembranze di Another Green World, bene, mi accordo che invecchiando preferisco i brani più amniotici a quelli tricetrac, son pronto al SenileRock”
E: “E questa è roba mia. Eno, Cluster, mi piace. La sua voce qui ci sta da Dio, crepuscolare 2”.
M: “…e infatti ecco che ti riparte in The Hairdyer il bravo batterista, bravissimo a dire il vero, davvero, bravo bravo, bravo ma basta, la canzone latita, siamo dalle parti della poesia di natale però bravo il batterista e infatti a 3’40” lo seccano e si finisce in feedback ambient”.
E: “Capperi, ‘sto batterista. Mi sa che hai ragione, lo hanno seccato”.
M “Waving a white flag si appropria del minimalismo di marca Rileyana per poi inserire di nuovo parole che, in questo caso, avrei evitato perché come strumentale avrebbe un suo perché”.
E: “La voglio riascoltare qualche volta in più. Forse mi piace, ma, ad un certo punto, va verso quel leggero prog che mi fa venire l’orticaria. Ci devo pensare”.

M “Facciamo un pezzo moderno come i gruppi giovani di oggi, dai, un pò anche di Gary Numan e via di piedi ballerini. We Don’t Know What Tomorrow Brings dicono loro, io sì, recensioni sperticate.”
E: “Bel pattern, siamo alla bipolarità new wave. Ma sì dai, si può fare”.
M: “Skirting On The Surface, un pò di indie da cameretta, però prodotto da Nigel Godrich, quasi un avanzo di Ok Computer, va bene per chiudere il disco e far venir voglia di andarlo a riascoltare, Ok Computer intendo”.
E: “A me questa piace e non rompere”.
M: “Bene, come avete letto i presupposti per continuare la convivenza sussistono e resistono, già sugli Arcade Fire non siamo d’accordo e quindi me li ascolto in cuffia. Che ne dici Eli?”
E: “Una volta lo ascolto, dopo non so. Sembra di stare al Vanilla… (discoteca in voga negli anni ’80/’90 Genova)”.

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The Smile - A Light For Attracting Attention
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Coppia nella vita e nelle passioni raccontabili, condividono tetto e tutto mantenendo le loro differenze. Artista visuale lei, uomo di penna e di parola lui, ogni tanto interagiscono per produrre arti varie...

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