Tindersticks – No Treasure But HopeCity Slang – 2019

Non solo un nuovo disco per i Tindersticks: No Treasure But Hope è anche una splendida (ennesima) conferma.

A tre anni dal loro ultimo disco, i Tindersticks pubblicano No Treasure But Hope per la fedele City Slang. È il ritmo al quale ci hanno abituati dall’inizio degli anni ’90 in poi.

Una produzione non serrata ma generalmente di qualità, e nel mezzo qualche prova solista di Stuart Staples e poi ancora le colonne sonore. Insomma sono almeno 25 anni che i Tindersticks ci accompagnano con il loro ‘pop da camera’, di volta in volta associato a Nick Cave o ai Lambchop, ma con un canone e uno stile che appartengono soltanto a loro.

Dal 2012 al 2019

Nel 2016 The Waiting Room provava alcune soluzioni nuove, con vibrazioni jazz e collaborazioni come quella con Jehnny Beth delle Savages. No Treasure But Hope torna invece a un suono Tindersticks più tradizionale. Dolci e languide ballate senza mai spingere sul pedale dell’acceleratore. La sintesi perfetta tra elettricità e melodia l’avevano in realtà raggiunta nel 2012 con The Something Rain, disco che si colloca in alto nella ‘classifica Tindersticks’, lì con i primi tre dischi che li hanno fatti conoscere e apprezzare.

No Treasure But Hope e il ‘classico’ suono Tindersticks

No Treasure But Hope non raggiunge quei livelli ma non plana troppo lontano; la qualità delle composizioni è ciò che lo rende superiore alla media, già alta, della loro produzione, mentre la voce di Staples e gli arrangiamenti perfetti della band sono un marchio di fabbrica. Si parte con l’introduzione pianistica e vocale di For The Beauty, e non ci potrebbe essere inizio migliore.

 

Poco dopo arrivano i due brani già noti, Pinky In The Daylight, dal refrain che entra in testa al primo ascolto, e The Amputees, dove la perdita affettiva viene paragonata in modo inquietante a quella corporea.

I momenti migliori

Per essere band così melodica, i Tindersticks non sono estranei a tali idiosincrasie testo-musica. Su No Treasure But Hope risponde allo stesso criterio anche l’ossessiva See My Girls con il racconto di fotografie che documentano luoghi belli o terribili del mondo (l’Amazzonia, la Cambogia, la Palestina) nella “most beautiful island of this world” dalla quale non sembra che si possa uscire. Una metafora della Brexit? Difficile dirlo, e forse non è il caso di ridurre alla contingenza qualcosa che ha un respiro più ampio. Bellissimo pezzo, comunque, al pari di Tough Love, una canzone che potrebbe entrare fra le migliori della band. Il che fa perdonare anche un paio di passaggi più consueti al centro del disco (Carousel, Take Care In Your Dreams): nel complesso, che dopo venticinque anni di presenza sulla scena i Tindersticks di No Treasure But Hope possano suonare così vivi e interessanti è davvero un tesoro e una speranza.

Tindersticks – No Treasure But Hope
8,4 Voto Redattore
9 Voto Utenti (1 voto)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.