Le Vol du Boli

Uno spettacolo firmato Damon Albarn e Abderrahmane Sissako: Le Vol du Boli

In esclusiva per l’Italia, TomTomRock ha assistito (il 29 aprile 2022 al Théâtre du Châtelet, Parigi) allo spettacolo concepito da Damon Albarn e Abderrahmane Sissako con musicisti, ballerini e cantanti, fra i quali si segnala la voce principale, e magnifica, della maliana Fatoumata Diawara.

Il furto del Boli

“Il Boli che dà il nome a quest’opera è un ‘feticcio’ magico. Nella cultura animista Bambara dell’Africa subsahariana, era l’oggetto più sacro perché era una fonte di potere. Tramandato di generazione in generazione, il Boli è un legame tra i morti e i vivi perché può contenere le reliquie dei capi perduti”. Così  Abderrahmane Sissako introduce l’oggetto che dà il nome allo spettacolo (Le Vol du Bloli: Il furto del Boli) concepito insieme a Damon Albarn nel 2020, bloccato dopo un paio di rappresentazioni a causa del covid, e ora per fortuna riproposto sullo splendido palcoscenico del Théâtre du Châtelet per quasi due settimane, fino all’8 maggio. Il rapporto del proteiforme Albarn con Parigi si stringe dopo il concerto della Philharmonie, ma in questo caso passa per l’Africa, dove pure il nostro è di casa, avendo lavorato a lungo soprattutto nell’area subsahariana con musicisti locali. Abderrahmane Sissako è invece un cineasta mauritano, fra i non molti di quell’area ad aver raggiunto il pubblico europeo.

Una missione etnografica offre lo spunto a Damon Albarn e Abderrahmane Sissako per Le Vol du Boli

L’idea dello spettacolo nasce da un episodio specifico. Nel 1931 i membri della missione etnografica Dakar-Djibouti (1931-1933), guidata dall’etnologo Marcel Griaule, decisero di rubare alcuni feticci sacri conservati in una capanna santuario nel villaggio di Dyabougou. Tra i ladri c’era lo scrittore Michel Leiris, che tre anni più tardi avrebbe pubblicato le sue memorie della missione, esprimendo il profondo disagio per quell’appropriazione, dagli etnografi presentata come un modo per preservare elementi delle cultura africana, esibendoli nei musei francesi, ma per gli abitanti dei villaggi una disgrazia, perché i Boliw preservavano la pace, e il perderli era annuncio di catastrofi imminenti: cattivi raccolti, siccità, malattie, litigi tra gli abitanti, ecc. I Boliw sono oggetti zoomorfi, agglomerati di terra, materia organica e altri ingredienti impastati insieme: argille colorate, parti di specifiche specie di alberi ridotti in polvere, frammenti di tessuto, ossa, capelli, piume, artigli, ecc. La scelta non è casuale e tutto è raccolto da bambini o da uomini e donne ritenuti di impeccabile statura morale. La superficie di questi oggetti è interamente coperta da una sostanza scura: il colore deriva dalle libagioni e dalle offerte sacrificali di sangue che hanno lo scopo di mantenere la forza e la capacità del Boli di rispondere alle richieste.

Damon Albarn - Abderrahmane Sissako – Le Vol du Boli

La missione Dakar-Djibouti portò in Europa più di 3.000 oggetti acquisiti durante un lungo viaggio da ovest a est attraverso il continente. La spedizione fu la più grande raccolta etnografica mai intrapresa dalla Francia e venne approvata e parzialmente finanziata dalle autorità dell’epoca, suscitando un immenso entusiasmo. Nel corso degli anni, la missione sarebbe stata invece interpretata da altri come un’impresa di saccheggio coloniale fra le tante; il che non ha portato però ad alcun cambiamento nelle politiche museali: il Boli in questione è oggi esposto al Musée du quai Branly-Jacques Chirac, insieme ad altri Boliw. D’altra parte, nel tentativo di migliorare i rapporti sempre più tesi fra la Francia e la francophonie africana, il presidente attuale ha compiuto il beau-geste di rimandare in Africa il frutto di alcuni furti, ma a quale scopo? Ormai, privati del loro contesto sacrale, oggetti come i Boliw sono comunque destinati alla teca di un museo.

Fatoumata Diawara regina della scena

Lo spettacolo prende le mosse dal momento del furto, con il Boli al centro della scena nel villaggio, dove ritornerà in chiusura, ma su una installazione museale. Nel corso dell’ora e tre quarti dello spettacolo si parla però soprattutto del rapporto fra noi e l’Africa, dalla schiavitù allo sfruttamento minerario contemporaneo. La messa in scena voluta da Abderrahmane Sissako vede sullo sfondo i musicisti e in primo piano ballerini (le coreografie sono di Mamela Nyamza) e cantanti. Fatoumata Diawara, bellissima, è, ovviamente, la voce principale – e che voce fuori del comune è in grado di sfoderare! Ma sono bravi tutti. Se i testi (in francese e in bambara: comunque proiettati su uno schermo in traduzione) appaiono talvolta didascalici, la forza sta nella fisicità della danza e dei costumi, e poi nell’incredibile parte musicale e nella qualità dei musicisti.

Il tocco di Damon Albarn

Il contributo di Damon Albarn allo spettacolo di Abderrahmane Sissako è notevole, perché la musica del Vol du Boli è ciò che rende lo spettacolo qualcosa di unico, a tratti simile a un concerto per la capacità di coinvolgere. È musica che dal punto di vista ritmico e vocale è senz’altro africana, ma in molti dei passaggi melodici non è difficile leggere il tocco del compositore inglese, soprattutto con un rimando alla sua produzione da solista. E qui la capacità di spaziare dalle atmosfere nordiche di The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows a quelle solari del Vol du Boli dice tanto sulla qualità del Damon Albarn di questi anni. Non so se è prevista un’uscita per la colonna sonora, e nemmeno so dire che effetto avrebbe senza la scena, però di sicuro vorrei riascoltarla.

print

Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.