Beyoncé – Renaissance recensione

Il cammino di Beyoncé da Lemonade a Renaissance.

Sono trascorsi sei anni fra il trionfo di Lemonade e questo nuovo Renaissance (Parkwood / Columbia), ma non si può dire che Beyoncé sia rimasta senza far nulla: nel mezzo ci sono stati il tour, il film del tour (dalla data di Coachella) Homecoming, il breve, ma riuscito disco con Jay-Z con il nome di The Carters, la curatela della colonna sonora di The Lion King: The Gift. E, naturalmente, c’è stata la pandemia, durante la quale Beyoncé ha registrato Renaissance, primo episodio di una trilogia, non è chiaro se già pronta o in the making. Il nuovo disco è già stato accolto da recensioni entusiaste, almeno in larga parte, ma al solito accompagnate dal fastidioso chiacchiericcio degli haters: dalla copertina all’autorialità delle canzoni, haters gonna hate e c’è poco da fare. Inutile ricordare che Elvis non ha mai scritto una canzone in vita sua, eppure…

Una star globale

Di fatto, nel mondo del pop Beyoncé è forse la più grande star attuale: praticamente non c’è paese al mondo nel quale sia ignota e i suoi concerti riempiono gli stadi. È chiaro che di fronte a un fenomeno di tali proporzioni, soprattutto in tempi in cui la musica vende piuttosto poco, l’industria si dia da fare. Peraltro, fra lei e il marito Jay-Z i soldi anche in famiglia non mancano, dunque Renaissance è il prodotto di una miriade di collaborazioni: fra produttori, compositori, samples e quant’altro si potrebbe riempire un libriccino (anche se oggi è stato tolto quello di Milkshakes dopo che Kelis ha affermato che Beyoncé non l’aveva informata). Ancora, la sua importanza commerciale e l’apparato che l’accompagna fanno sì che Beyoncé non sia legata a un genere in particolare, pur restando ampiamente all’interno della tradizione della black music.

Un progetto differente dal precedente

Renaissance, infatti, è un disco molto diverso da Lemonade. Un po’ come l’ultimo Drake, Beyoncé sceglie house e disco, ma con risultati fortunatamente migliori. Dove il canadese suona spento e stanco, Beyoncé è pienamente nel disco, alternando canto e rap, come già aveva fatto in passato, ma qui anche con maggiore pervasività. Inoltre, la produzione è bene attenta a non scivolare mai nel lounge: questa è musica fatta per ballare o per altre attività molto fisiche, non per sorseggiare un cocktail su un divano. I testi vanno di conseguenza: lasciando da parte la narratività degli ultimi due dischi, qui la componente sessuale tipica del genere è in primo piano.

Renaissance vede Beyoncé alle prese con house e disco

Scegliendo di rifarsi alla tradizione house e disco (con l’apice del sample di I Feel Love di Donna Summer nella conclusiva Summer Renaissance) della scena americana di colore, Beyoncé ne riconosce e apprezza appieno anche la componente LGBTQ+ viva dagli anni ’70. Già un’icona del mondo queer, Beyoncé sceglie di affiancarsi a un’altra icona, la splendida Grace Jones, nell’Afropop di Move, ma anche a star dell’underground come Big Freedia (nel primo singolo Break My Soul).

Qualche riferimento al passato più marcatamente r’n’b non manca: soprattutto verso la metà del disco, con Church Girl e Plastic Off The Sofa. Tuttavia il meglio di Renaissance è lì dove Beyoncé si lancia totalmente sul dance-floor. Con 60 minuti di lunghezza, il disco è pieno di perle: le mie favorite sono Cuff It e Heated, ma la scelta non manca; forse un paio di brani sono dispensabili,  ma prodotto come un mixtape dove ogni canzone succede a un’altra senza intervalli, si ha davvero l’impressione di un progetto unitario e, come si sarà capito, perfettamente riuscito.

Beyoncé – Renaissance
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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