Utopian Ashes: la strana coppia Bobby Gillespie-Jehnny Beth racconta la fine di una coppia.
Utopian Ashes è sorprendente. O almeno lo è considerando i trascorsi dei suoi autori e interpreti. Come molti sanno, lo scozzese Bobby Gillespie è da tre decenni abbondanti leader dei Primal Scream, band che nel corso della carriera ha esplorato psichedelia, acid house, boogie sudista, dance stuporosa, pop sperimentale, sempre con un tocco un po’ nevrastenico. Quanto alla francese Jehnny Beth (al secolo Camille Berthomier) ha fatto parte per qualche anno delle Savages, band punk-noise tutta femminile con base a Londra.
E allora com’è successo che questi due personaggi piuttosto acuminati (L’Urlo Primordiale e Le Selvagge!) abbiano inciso un disco addolorato e disilluso che ha come tema la fine inesorabile di un matrimonio? Intanto sgomberiamo subito il campo dall’ormai onnicomprensiva supposizione, ovvero che suoni e storie di questo tipo siano tipiche della reclusione da Covid-19. Nulla di tutto ciò visto che il progetto ha la sua genesi addirittura nel 2017 e i pezzi sono stati registrati a Parigi due anni dopo insieme ai Primal Scream e a Nicolas Congé/Johnny Hostile, sodale artistico di Jehnny/Camille.
Bobby Gillespie e Jehnny Beth verso Utopian Ashes
I percorsi seguiti dai due per arrivare a unire le forze sono all’incirca quelli che andiamo a tratteggiare. In questi ultimi anni il disintossicato da droghe e alcool Gillespie si è dedicato a ripercorrere il proprio passato (l’autobiografia Tenement Kid in uscita in autunno) e questo lo ha fatto virare verso un mood nostalgico accompagnato da ascolti conseguenti. Quanto a Beth, il disco solista pubblicato lo scorso anno, To Love is To Live, metteva da parte quasi tutta la componente punk alternando atmosfere diafano-wave a momenti struggenti per piano e orchestra (e non va dimenticato che negli anni ’00 lei e Congé suonavano pezzi di Brel e Joy Division sotto il nome di John & Jehn).
Eccoci dunque a Utopian Ashes, qualche tempo fa preannunciato come una sequenza di duetti country. In realtà di country se ne ascolta poco, ma è certo che i due protagonisti stanno nuotando fuori dalle loro acque sicure. Chase It Down mette subito in chiaro chi siano i referenti dell’operazione: le atmosfere epiche e retrò rimandano a Nancy Sinatra e Lee Hazlewood mentre i violini e un groove quasi funk ci parlano di Serge Gainsbourg e B.B. Subito dopo English Town prende in prestito ancora qualche suono franco-vintage per riambientarlo in una disperante, spettrale città inglese.
I momenti decisivi di Utopian Ashes
Già dal titolo la roboante e straziante Remember We Were Lovers si staglia come primo nucleo emotivo del disco e finalmente, come si conviene al tema dell’album, le due voci si uniscono per raccontare una separazione: “Siamo stupidi e irriconoscenti/Non impareremo mai e poi mai/ Abbiamo abusato del dono ricevuto/ Ancora e ancora e poi ancora”. Da questo punto in avanti lo scambio di opinioni, ricordi, recriminazioni si fa più serrato e occorre dire che l’argomentar cantando di Jehnny risulta più convincente di quello di Bobby (si ascolti Your Heart Will Always Be Broken). La dimensione preferita è quella della ballata midtempo pop-soul alternata a momenti più moderatamente ritmici e accompagnata da suggestioni notturne, un suono molto anni ‘70 e laconiche lezioni di vita: “Il desiderio è una fame/ Che assassina il cuore”, “A volte penso che l’amore/ Sia una malattia come la tossicodipendenza”.
Il secondo passaggio cruciale arriva poco più avanti con You Can Trust Me Now. È il lui della coppia a gettare la maschera davanti agli ascoltatori assumendosi la responsabilità di essere stato a lungo persona riprovevole (e qui viene spontaneo leggere qualcosa dei dissoluti trascorsi gillespiani). Inevitabile che la successiva Living a Lie suggelli un addio definitivo e doloroso (peraltro con suoni più corposi che altrove), mentre Sunk in Reverie vede i nostri alle prese con un post-rottura ancora carico di rimorsi, qualche astiosità e le consolazioni basso-corporali tipiche di chi prova a dimenticare e/o ripartire.
Quale futuro per Bobby Gillespie e Jehnny Beth?
Utopian Ashes ha conosciuto molti ascolti prima di essere recensito. L’improbabilità dei due protagonisti in questi ruoli strappalacrime poteva far pensare a una sostanziale artificiosità del progetto, magari buono per una vacanza dai suoni abituali. In realtà il disco scorre che è un piacere nel dispiacere, si ferma sempre un passo prima del mieloso o del patetico e ha diverse canzoni davvero belle. Potrebbe persino diventare un piccolo classico del settore duetti senza paura di sfigurare al cospetto delle incisioni di coppie storiche quali Roberta Flack-Donny Hathaway, George Jones-Tammy Wynette, Gram Parsons-Emmylou Harris (se solo Bobby avesse un aspetto meno deprimente…). Considerando poi che da parecchio tempo i lavori dei Primal Scream non sono proprio convincenti e che Jehnny Beth si mostra in costante evoluzione artistica, si può tranquillamente consigliare a Bobby Gillespie di pensare a una seconda puntata. Per essere un duettatore sentimentale di successo gli si può anche consigliare di curare un pochino il suo aspetto, ma questo è un altro, e più antico, discorso.
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