Bonnie "Prince" Billy - I Made A PlaceDrag City - 2019

I Made a Place: un Bonnie “Prince” Billy ispirato e (abbastanza) positivo.

Bonnie "Prince" Billy - I Made A Place
Drag City – 2019

I Made a Place è un disco abbastanza positivo. Non è cosa da poco considerando che la canzone più nota di Bonnie “Prince”’ Billy s’intitola a I See A Darkness. E che quella più bella (Death To Everyone) dice “Morte a tutti sta per arrivare”.

Lo strano fascino di Will Oldham/ Bonnie “Prince” Billy

In realtà, parlare di ottimismo o pessimismo a proposito del musicista di Louisville, Kentucky è improprio. A metà anni ’90 i suoi primi dischi (a nome Palace Brothers o Palace o Palacesongs) si caratterizzavano per una dimensione soprattutto misteriosa. Si poteva parlava di musica folk, certamente, ma i suoi referenti  erano più Tom Sawyer e il capitano Achab che non la Carter Family o Bob Dylan. Passando dalla supernicchia di allora a una passabile notorietà, Will Oldham (il suo vero nome) ha mantenuto un’allure arcana e un po’ bizzarra. Qualche anno fa, prima di un concerto, lo si vide sulla spiaggia di una località di mare italiana con ciabattine infradito e unghie dei piedi laccate di azzurro fosforescente. Un bel contrasto con la faccia da predicatore visionario.

Gli anni ’10 di Bonnie “Prince” Billy e I Made a Place

A dire la verità, il Bonnie “Prince” Billy degli anni ’10 era fin qui apparso un po’ fermo. Il precedente album di canzoni originali (Wolfroy Goes To Town – 2011) suonava poco comunicativo, dopodiché c’erano state rivisitazioni del proprio catalogo o di quello di maestri quali Everly Brothers o Merle Haggard. Tutte cose carine ma poco emozionanti.

I Made a Place cambia un po’ la situazione e non solo per l’atmosfera positiva di cui si diceva.  Forse il soggiorno alle Hawaii dello scorso anno ha regalato la spinta della  brezza marina a canzoni che scorrono bene anche quando il ritmo rallenta. Cosa altrettanto importante è che parliamo di un album vario come situazioni sonore: il country spigliato di New Memory Box, il quasi pop di Squid Eye, il flauto prog (!) di Dream Awhile, l’honky tonk di Mama Mama. Poi ci sono pezzi come I Have Made A Place e soprattutto The Glow, pt. 3 che riportano al folk misterioso che ci aveva fatto amare Will Oldham tanti anni fa e, in verità,  anche a una certa oscurità di stato d’animo.

Il finale è affidato a Building A Fire, rassicurante e avvolgente inno alle gioie della vita di coppia: “E il tuo cuore è il mio cuore/ E la tua lingua è la mia lingua / E la tua voce è la voce/ Che mi descrive dall’interno”. Mica è sempre vero che il cantautore più ispirato è quello addolorato.

Bonnie “Prince” Billy – I Made a Place
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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