Il concept album sopra le righe di Ezra Furman.

Avevamo lasciato Ezra Furman ai tempi di Perpetual Motion People (2015) fra esibizioni en travesti e anelito a divenire rabbino.
Oggi l’elemento più estremo fra i due (il secondo) pare essere stato messo da parte. Ma non è che il musicista di Chicago si sia tranquillizzato, anzi. Transagelic Exodus riprende sia il tema della diversità militante sia quello della religiosità avvolgente e li trasforma in un lavoro a tema. A detto dell’autore “una saga frocia e fuorilegge”.
Ezra Furman e il rock del disadattamento
Considerazione di carattere generale: chi dice che il rock d’oggi è citazionista, poco creativo e poco sghembo, dovrebbe sforzarsi di conoscere un giro di personaggi che mettono in musica il loro disadattamento cavandone un caleidoscopio di idee sempre quantomeno interessanti. Disgraziati di talento quali Zachary Cole Smith (DIIV), Bradford Cox (Deerhunter), Christopher Owens, Ariel Pink, i Foxygen.
Ezra Furman rientra a pieno titolo in questa schiera. Addirittura Transangelic Exodus lo fa assurgere a figura chiave di quel mondo. Il protagonista della vicenda sta fuggendo in auto insieme a un angelo dopo un’operazione in ospedale per l’applicazione di ali. Ma gli angeli (e i transangeli) sono fuorilegge e il governo si pone all’inseguimento dei due. Che ogni tanto si sentono dentro al Libro dell’Esodo.
Il vero tema di Transangelic Exodus è la diversità
La storia è tanto simpatica quanto sopra le righe e qua e là perde consistenza. Ad esempio nel momento in cui il protagonista desidera compulsivamente un vestito rosso maraschino (pronuncia: marascino) da otto dollari e 99. In realtà tutto funziona considerando che la vera idea unificante è quella della diversità sempre e comunque combattuta. Con il risultato che gli stati d’animo delle canzoni oscillano fra consolazione (God Lifts Up The Lowly) e disperazione (No Place). E se la seconda sembra prevalere, il finale è spensierato e sfrontato: “I lost my innocence to a boy named Vincent”.
Se questi sono i concetti del concept e sono roba spessa, è pur vero che Transangelic Exodus è un album duttile nelle idee sonore e solido nelle composizioni. Insomma scorre via che è un piacere, anche senza fare caso alle parole. I referenti sono quasi tutti legati a certo rock epico a cavallo fra ’70 e ’80, dagli Who a Meat Loaf a Joan Jett, personalizzato da una sensibilità sempre sull’orlo di una crisi di nervi.
Infine l’epos del viaggio stradale fra mille difficoltà richiama per forza di cose Bruce Springsteen. Un pezzo come Love You So Bad, dove un ragazzo proletario, problematico con genitori alcolisti medita su un amore finito – senza specifiche di genere – farebbe commuovere (e muovere, dato il ritmo incalzante) tutti i fan del boss. Anche se qualcuno potrebbe restar perplesso andando a verificare aspetto e ‘credenziali’ dell’autore.
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