Recensione: Kae Tempest – The Line Is A Coast

Torna la poesia in musica di Kae Tempest: The Line Is A Curve.

Di Kae Tempest si è parlato in questi giorni a causa di una recensione vergognosa del nuovo The Line Is A Curve uscita su una delle principali testate musicali italiane. Seguita ovviamente da sputtanamento socialmediatico e da scuse, come va di moda oggi. Il tutto, si immagina e si spera, all’insaputa dell’interessata, nel delirio di autoreferenzialità che caratterizza la nostra stampa. Kae Tempest l’avevo scoperta, allora Kate, nel 2016, anno della pubblicazione del suo Let Them Eat Chaos, su un palco al Rock en Seine: nonostante non conoscessi ancora le sue canzoni, mi aveva colpito molto l’intensità che sprigionava. Il disco fu poi una conferma delle sue qualità, nominato per un Mercury, seguito dal romanzo The Bricks That Built the Houses, che si aggiungeva alle raccolte di poesie che negli anni hanno preceduto e accompagnato i dischi.

Le collaborazioni

The Book of Traps and Lessons, nel 2018, pur essendo un’ottima prova, mi era piaciuto meno. Splendidi i testi, ma l’interazione fra la sua voce e la musica mi pareva meno presente che nel disco precedente. Per tutto il percorso, incluso il nuovo The Line Is A Curve, Kae Tempest è stata accompagnata da Dan Carey, il produttore di Islington che ha all’attivo molti successi della scena indie, inclusi Black Midi, Fontaines D.C, Squid e Wet Leg. La direzione di quest’ultima uscita mi pare recuperare la musicalità un po’ dispersa nel precedente, e soprattutto nella prima parte inanella alcune delle sue migliori canzoni. Sulla base minimalista di I Saw Light, con vaghe reminiscenze The xx, duetta con Grian Chatten dei Fontaines D.C. – anche lui spoken word totale; mentre su No Prized, Lianne La Havas canta il ritornello. Altre due canzoni sono collaborazioni: Smoking con Confucius MC e More Pressure con Kevin Abstract.

Salt Coast il momento più alto in un disco di notevole intensità

I momenti migliori sono però quelli da sola, in particolare Nothing To Prove, con una base che ricorda le primissime cose di The Streets, e soprattutto l’electro-pop lento e in crescendo della splendida Salt Coast, ritratto di una gioventù di provincia in cerca di futuro:

I know what you reach for / All dressed up with nowhere to go / Benched, waiting for a path to open up / Waiting for a thing that might make you old enough / To get into the pub / Where people drink to lost youth (“So cosa cerchi / Tutto agghindato senza un posto dove andare / In panchina, aspettando che si apra una strada / Aspettando una cosa che ti renda abbastanza vecchio / Per entrare nel pub / Dove la gente beve alla giovinezza perduta”).

La musica accompagna molto bene e Kae è perfetta nel trovare il timing per rendere le parole ancora più importanti. Bellissima anche These Are the Days, con una strumentazione di psichedelia soul che costituisce una novità per i suoi dischi.

 

Rispetto al passato abbiamo il consueto mix di sociale e personale, ma questa volte con un intimismo anche maggiore.  Le parole, inutile dirlo, sono centrali in tutto il disco: se non avete voglia di ascoltarle (come il recensore di cui sopra), magari di seguirle scritti alla mano, lasciate proprio perdere, evidentemente Kae Tempest e The Line Is A Curve non sono per voi.

Kae Tempest – The Line Is A Curve
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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