Proseguono senza Tom Meighan i Kasabian di The Alchemist’s Euphoria.
The Alchemist’s Euphoria (Sony) è il settimo album in studio per i Kasabian, ma è soprattutto il primo album in cinque anni, dopo il non entusiasmante For Crying Out Loud, e il primo con Serge Pizzorno come voce principale dopo che l’ex frontman Tom Meighan è stato licenziato (o, a scelta, è andato via) il 6 luglio 2020, qualche ora prima di dichiararsi colpevole di aver aggredito la fidanzata Vikki Ager mentre era ubriaco. Con difficoltà, la carriera di Meighan si è riavviata: Ager è diventata sua moglie l’anno scorso e lui ha pubblicato una manciata di canzoni in due EP, non troppo diverse dallo stile Kasabian. La lenta, autobiografica Would You Mind, rimane al momento l’unica notabile. Insomma, la scissione sarebbe stata forse evitabile, e magari Meighan e Pizzorno ci ripenseranno, chissà. Intanto Pizzorno ha preso le redini dell’intero progetto, aggiungendo Tim Carter, chitarrista in tour dal 2013, quale membro effettivo, e producendo con lui quattro tracce di The Alchemist’s Euphoria, mentre il resto del disco è da lui coprodotto con Fraser T. Smith, noto per il lavoro accanto a star del pop e dell’hip-hop inglese.
La produzione del disco
Il disco si apre con ALCHEMIST (i titoli sono tutti in maiuscolo), bella linea melodica e forse il momento migliore per i Kasabian di The Alchemist’s Euphoria. Dopo appena 2.40 minuti si passa a SCRIPTVRE, ritmo hip-hop e molti effetti sulla voce di Pizzorno, che, diciamolo subito, non è un grande cantante. Comunque il pezzo passa abbastanza bene soprattutto se confrontato con il successivo ROCKET FUEL; ecco, intorno a questo pezzo si potrebbe già riassumere il giudizio sull’intero album: si vorrebbe replicare l’impatto di alcuni pezzi classici del repertorio Kasabian, tipo Club Foot, Shoot the Runner o Underdog, ma la produzione è orrenda, con suoni sintetici da poco, il ritornello urtante, e a salvarsi è solo la vena melodica del bridge, perché certamente Pizzorno sembra ancora in grado di costruirne una, mentre ciò che manca spesso è la capacità di mettere insieme un intero brano che tenga davvero dall’inizio alla fine.
Altro esempio STRICTLY OLD SCHOOL, che sarebbe anche una canzoncina carina, semplice com’è, però uccisa dalla produzione e dai suoni davvero grossolani. ALYGATYR si era già sentita come singolo: gli effetti sulla voce di Pizzorno sono forse per mascherarne le carenze? Difficile dirlo, perché tutti gli strumenti sono passati attraverso lo stesso spiacevole trattamento sintetico che uccide ogni possibilità di vero impatto della canzone, che, ancora una volta, non sarebbe nemmeno brutta. Dei quasi quaranta minuti di The Alchemist’s Euphoria si salva la ballata THE WALL, forse perché meno soggetta al trattamento delle altre. STARGAZR richiama un po’ di madchester ma senza gloria, e avviandosi alla conclusione CHEMICALS potrebbe risultare trascinante in versione live, mentre la chiusura con l’acustica LETTING GO invita a lasciar andare i Kasabian e questo The Alchemist’s Euphoria, cosa che facciamo volentieri, trattandosi del loro disco peggiore fino a oggi.
I Kasabian realizzano con The Alchemist’s Euphoria il loro disco peggiore
Colpa della scissione? Certo, la voce di Meighan manca, non perché sia un cantante di eccellenza (funzionava soprattutto come frontman), ma perché era almeno un cantante vero, al contrario di Pizzorno, che meglio farebbe a dedicarsi a chitarra e composizione, lasciando i doveri di vocalist ad altri più dotati di lui. A parte questo, però, già i due album precedenti mostravano una discesa (sebbene ancora lenta con 48:13) dopo il picco Velociraptor. Forse è la naturale parabola seguita, in fondo, da molte band. Speriamo di no, ovviamente, perché vedere i Kasabian dal vivo è stato sempre un bel divertimento, ma certo The Alchemist’s Euphoria non invita ad acquistare un biglietto.
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