Ride - Interplay

Interplay è il terzo capitolo della nuova vita dei Ride. Una vita molto… vitalista.

Le “rinascite con qualcosa da dire” sono una (positiva) caratteristica di questi anni di musica indie rock e affini. Un tempo le reunion avevano quasi solo ragioni puramente commerciali e funzionavano al massimo come effetto nostalgia. Per quanto la tendenza al raschiamento del fondo del barile sia tuttora ben presente, non mancano le eccezioni nobili di coloro che hanno saputo ripartire dando vita a una seconda fase di carriera con nuove idee da proporre.  È  il caso, ad esempio, dei Dream Syndicate e degli Slowdive con i primi che addirittura hanno inciso più ‘da vecchi’ che nei loro anni d’oro. Ed è anche il caso dei Ride. I quattro dischi di studio fra 1990 e 1996 li eleggono personaggi chiave della scena shoegaze (i più energici del pensoso lotto), poi arriva una separazione causata da crisi creativa e relazionale fino alla  riformazione del 2017. Interplay, è il terzo capitolo discografico di questa seconda fase.

Interplay viaggia fra suoni e tempi diversi

Come il precedente This Is Not a Safe Place anche Interplay (Wichita/PIAS) suona come un lavoro di sintesi fra suoni e mondi diversi. Però si  percepisce nei quattro di Oxford una maggior convinzione nella propria capacità di funzionare come gruppo, anche perché l’età sembra aver reso i due leader, Andy Bell e Mark Gardener meno competitivi e nervosetti rispetto al passato (nel caso di Bell l’esperienza come bassista degli Oasis dev’essere stata d’insegnamento in ambito rapporti umani difficili). Detto questo, va rilevato che il co-produttore Richie Kennedy ha lavorato bene sulle dinamiche strumentali e, cosa più importante di tutte, le canzoni hanno lineari strutture melodiche, un elemento che nello shoegaze d’antan tendeva a finire in secondo piano rispetto a tensioni e malinconie chitarristiche.

I Ride scommettono su se stessi e vincono

Chi ricorda i Ride di quell’epoca apprezzerà, fin dai titoli,  l’electroballad trasognata Light in a Quiet Room, la psichedelia circolare di Last Night I Went Somewhere to Dream, così come la chitarra in primo piano di I Came To See The Wreck. Ma noterà anche una solidità ritmica che dona ai pezzi un’incisività mai percepita prima. La cosa curiosa è che per superare gli anni ’90 della loro giovinezza i Ride hanno proceduto a ritroso fino al decennio precedente con gli U2 e Tears For Fears come referenti dichiarati ed esplicitati in Portland Rocks, Last Frontier e nell’iniziale Peace Sign, autentico pezzone da grandi platee e da crisi d’invidia per i Muse. Poi c’è il piccolo casus belli di Monaco che continua a far riferimento agli anni ’80 però a quelli meno ‘nobili’ del synthpop. Non a caso da qualche parte è stata si è persino levata l’accusa di duranduranismo. Ormai non è più un peccato tanto grave e comunque la canzone è vigorosa, divertente e anch’essa da immaginare in possente chiave live.

Ma è tutto il disco che suona vitale e lo è anche nella più meditativa parte conclusiva con le suggestioni notturne di Essaouria e i toni sommessi di Yesterday Is Just A Song. Alla fine non è poi così importante la storia passata dei Ride e chi li ascolti oggi per la prima volta difficilmente li potrebbe associare alle tendenze isolazioniste e autunnali dello shoegaze. E se Interplay, con la sua ricchezza di referenti, può essere definito un disco per tutta le stagioni, stavolta c’è anche molta estate e non è cosa da poco.

Ride - Interplay
7,7 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.