Simple Minds - Direction of the Heart

I camaleontici Simple Minds pubblicano Direction of the Heart

Il camaleontismo a volte è una dote (dovrei citare quello lì, quello famoso che è morto e pubblica più di quando era vivo, ma si capisce), altre può essere, invece, sinonimo di identità indefinita (e qui potrebbe iniziare lungo elenco). I Simple Minds erano partiti con un album d’esordio che mischiava glam e singulti new wave, appena uscì il disco ascoltarono alla radio il primo dei Joy Division e si misero a piangere. Proseguirono con Real to Real Cacophony che attingeva ai Kraftwerk e che qualche buona idea la aveva e copiarono i Talking Heads con I Travel che introduceva un terzo disco, anch’esso che sparava a 100 per colpirne uno. Inanellarono qualche buon singolo con il quarto (che aveva pure un discreto gemello) e colpirono il segno con il quinto nuovo sogno dorato. Poi, da lì, musica da stadio o wannabeu2, partnership partenopee, imbarazzanti cover albums e via pubblicando, sino all’odierno Direction of The Heart (BMG), che nasce in lockdown, con le due teste semplici radicate a Taormina (mica fessi ‘sti scozzesi).

I passi falsi e quelli giusti dei Simple Minds di Direction of the Heart

Il disco…dunque il disco è pieno di canzoni che ti restano in testa, questo è fuori questione. In una, Human Traffic, c’è persino Russel Mael degli Sparks a gorgheggiare nei cori, e scorre via fino alla fine (tra l’altro, da furbettissimi mettono la title track nell’edizione deluxe) come quando hai dimenticato i dischi a casa e metti la radio in macchina su Radionostalgia. La cosa che mi urtica dei Simple Minds di Direction of The Heart sono certi suoni di synth che paiono tratti da Deejay TV e una certa ieraticità nel cantato che poteva avere un suo perché ‘na vorta ma, oggi, è fuori luogo specie se si guarda come è diventato il buon vecchio Jim Kerr, un attempato signore paciarotto stempiato e che si veste in quella catena che inizia per ovi e finisce per s.

Si perché, quando fai un certo genere e hai alle spalle un passato, l’immagine conta ancora (oddio, è pur vero che all’inizio sfoggiava una frangetta da TSO psichiatrico che …vabbè) specie se adesso fai i concerti con bravissimi sessionmen/woman che paiono dei modelli e, insomma, il rockenrolle vuole anche la sua immagine.

I momenti migliori del disco

Comunque, tornando al disco, le canzoni ci sono e questo è un buon segnale di vita, magari ecco, cambiare nome visto che son rimasti lui e il tinto Charlie Burchill alla chitarra e chiamarsi “Jimmy, Charlie e le sgarzonline” oppure “The Taormina Retired” e nessuno se ne avrebbe a male perché dei Simple Minds che ancora tutti venerano non è rimasto un granché.

Qualche buon colpo lo sparano ancora tipo Solstice Kiss che riprende la loro vena Scottish e Walls Came Down che esce quasi dalle scintille nella pioggia ma è una cover dei The Call degli anni ‘80, mentre manca il colpo la nuova versione di Act Of Love, addirittura rimasta fuori dal primo album e qui coldplayizzata. E si ergono a tormentoni festivalbarieri Vision Thing e First You Jump, primi due singoli che fan benissimo il loro sporco lavoro.

Senza essere Nostradamus prevedo comunque grandi esibizioni live per le quali queste canzoni son perfette da cantare tutti insieme dopo essersi levati la maschera dell’ossigeno e pure da ballicchiarle stando attenti non si stacchi il catetere.

Simple Minds - Direction of the Heart
7 Voto Redattore
8.5 Voto Utenti (2 voti)
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

Un pensiero su “Recensione: Simple Minds – Direction of the Heart”
  1. La recensione ci sta
    Non sono d’accordo sul cambio nome
    È vero che la formazione è stata totalmente rimaneggiata ma i Simple Minds sono sempre stati la coppia Kerr/Burchill …basta vedere alcuni video degli 80 dove compaiono solo loro due quasi a ribadire che la band erano loro

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