Thundercat – Drunk.
A quanto pare la musica black ha deciso di scatenare l’assalto definitivo alla forma ‘disco’ così come l’abbiamo intesa fino a oggi. Quella, per intenderci, che arriva dall’ellepi e che il cd e il digitale hanno sostanzialmente continuato a tramandare. Nel 2015 Kendrick Lamar pubblica To Pimp A Butterfly e un anno dopo lo fa seguire da untitled unmastered., un disco di demo che arriva da quelle sessioni, riprese, a suo dire, senz’alcun ritocco. Kamasi Washington nello stesso anno esordisce con un triplo album (The Epic) che si propone programmaticamente come un kolossal, una sorta di manifesto musicale del jazz contemporaneo (che non vuol dire innovativo, sia chiaro).
Nel 2016 Kanye West con The Life of Pablo propone invece il work in progress, l’opera infinita in continua mutazione e in aggiornamento continuo. Dapprima è pubblicato solo su Tidal, poi su Pornhub (sic), infine in streaming e attraverso i canali normali di diffusione; quindi il rilascio degli update perché, come scrive su Twitter, “Life Of Pablo is a living breathing changing creative expression” (ma in quest’ultimo caso la fragilità psicologica del soggetto potrebbe togliere consapevolezza all’operazione).
Thundercat è il bassista più apprezzato dell’odierna scena black
E oggi arriva Stephen Bruner, in arte Thundercat (un passato da bassista con i Suicidal Tendencies fino alla conversione verso suoni più ‘neri’, al fianco di Erykah Badu e nei due dischi citati di Lamar e Washington), che inaugura la configurazione musicale a ‘taccuino’.
Drunk infatti, conta ventitré canzoni, poco più di cinquanta minuti totali (un solo brano arriva a quattro, cinque a tre, i restanti due minuti o meno. All’ascolto il progetto suona inevitabilmente come una raccolta di schizzi, idee, abbozzi, come se l’artista avesse riempito una Moleskine con innumerevoli (e anche interessanti) idee, ma non avesse avuto poi il tempo di terminare il lavoro.
Ovviamente dentro c’è posto per tutto: il soul, vecchio e neo, il funky, la fusion, il rap. E poi ci sono le influenze (o le citazioni). Frank Zappa (Captian Stupido) che arriva tramite George Duke; fatalmente Stevie Wonder e Prince (se ne potrà mai più fare a meno?). Poi gli Earth Wind & Fire (Bus in the Streets) che vegliano amorevolmente su tutte le parti vocali del disco. E ci sono, non solo in spirito, Kendrick Lamar (Walk on By), Wiz Khalifa (Drink Dat), Kamasi Washington (Them Changes) e Pharrell Williams (The Turn Down). Se aggiungete che il disco è pubblicato dalla Brainfeeder di Flying Lotus (quello di You’re Dead!, ancora un titolo in cui i nostri erano presenti tutti insieme appassionatamente), il gotha della musica black contemporanea è al gran completo.
Musica con zapping incluso: il bello (e il limite) di Drunk
Se per Bruner/Thundercat Drunk è la risposta a quello che sta succedendo ora, resta il dubbio che un maggior sviluppo e coesione avrebbe fatto bene al risultato finale (come invece accadeva nell’EP The Beyond / Where the Giants Roam di due anni fa). Ad ascoltarlo distrattamente, sembra di vivere una di quelle notti davanti alla televisione, in cui si passa da un canale all’altro senza soluzione di continuità, alla ricerca di qualcosa che assecondi la nostra insonnia. In questo senso Drunk sembra avere già lo zapping incluso; ma ogni tanto, quando un suono colpisce nel segno, non sarebbe male fermarsi per provare a vedere cosa ne potrebbe venir fuori.
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Danilo Di Termini scrive davvero bene, mi piace sempre leggere le sue recensioni. Complimenti!