Waxahatchee - Tigers Blood

Piace a tutti Tigers Blood di Waxahatchee. No, a quasi tutti…

Da qualche anno parlare male di Katie Crutchfield/Waxahatchee sembra un delitto di lesa maestà indie, salvo sparute voci di diverso parere. Nella recensione per Tomtomrock – firmata da Fausto Meirana – di Saint Cloud, suo album del 2020 si legge: “Qualcuno, come al solito, si lancia con la parola più abusata dei nostri tempi: capolavoro.” Segue un giudizio assai perplesso sul valore dell’album. La stessa situazione si ripropone pari pari per questo Tigers Blood, apprezzatissimo da chiunque tranne, anche stavolta, da Tomtomrock. Viene persino da pensare che ci mandino per dispetto dei file maffi in cui, ad esempio,  non si riesce ad apprezzare la genialità di un “baby” inserito in un testo (leggere Uncut 324 a pagina 30).

E non si dica che il recensore non si è messo d’impegno, perché quello che segue è…

…un serio commentario canzone per canzone di Tigers Blood

3 Sisters ha un buon tiro e dà l’idea di un’artista back to basics rispetto al mezzo pop di Saint Cloud. Il problema, destinato a ripetersi altre 11 volte, è che la melodia proprio non entra in testa.

Evil Spawn: canzone d’autore urbana strasentita, per quanto abbastanza avvolgente.

Ice Cold è bruttissima: una specie di country rock convenzionale schiantato da una voce che si strizza da sola e non la smette mai di cantare.

Right Back To It migliora, ma ci vuol poco, la situazione grazie al banjo e alla seconda voce di MJ Lenderman degli inquieti Wednesday. Pare sia la prima canzone d’amore a firma Crutchfield.

Burns Out At Midnight suona un po’ neilyounghiana e sfodera una bella armonica. Come la precedente è una canzone con una sua intensità vagamente alla Lucinda Williams.

Con Bored tornano i guai: ritornello ancora una volta troppo urlato e strumenti ammassati a caso (tanto per dire Taylor Swift  e il suo dream-team avrebbero tenuto tutto in ordine). Certo che qualcuno dovrebbe dirle di tenerla a freno questa voce…

Lone Star Lake rallenta, scandisce e può contare di nuovo sul benedetto banjo che la rende evocativa come il titolo suggerisce. È il pezzo dove risuona il “baby” menzionato più su.

Crimes Of The Heart funge da classico midtempo radiofonico di tanti anni fa e funziona almeno a livello di nostalgia per anziani.

365 è il momento confessionale-con piano alla Carole King. Note alte della voce meglio del solito.

 

The Wolves prosegue sulla stessa lunghezza d’onda, galleggia con qualche fatica e il salvagente è una misurata chitarra elettrica.

Dopo un minuto della conclusiva Tigers Blood ti chiedi “quando succede qualcosa?”. Per fortuna succede il coro.

Dunque che dire di Tigers Blood per non sembrare troppo eccentrici?

No, non  è un cattivo disco Tigers Blood. Lo si può descrivere come spontaneo, senza affettazioni e in grado di migliorare una volta riproposto dal vivo (lì ci sono anche le birrette che aiutano). Però è un disco senza guizzi geniali e neppure un pezzo memorabile. Quanto al voto, visto che si è riproposto un pezzo della recensione di Saint Cloud, è inevitabile riproporre pure quello. Sempre col dubbio che non ci abbiano mandato i file sbagliati.

Waxahatchee - Tigers Blood
6,5 Voto Redattore
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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