Un tè lungo cinquant’anni.
Molti si chiederanno, in effetti, che senso abbia realizzare nuovamente lo stesso album a distanza di mezzo secolo, una sorta di “remake” che in genere contribuisce solo ad accrescere la nostalgia dell’originale. Sono sempre più numerosi, in tal senso, i grandi artisti del passato che recentemente hanno deciso di rivisitare alcuni capolavori del tempo che fu, spesso eseguendoli dal vivo, dalla prima all’ultima nota, nella stessa sequenza. C’è da dire che, a giudicare dal modo in cui gran parte della critica e degli estimatori ha accolto la nuova versione di un classico di Cat Stevens – e del cantautorato in assoluto –, Tea for the Tillerman, i remake discografici somigliano un po’ ai loro parenti cinematografici: mai sfidare il passato.
Una rimpatriata tra vecchi amici: Cat Stevens rivisita Tea for the Tillerman
In questo caso, però, la decisione di riprendere in mano i gioielli di Tea for the Tillerman – ovvero l’album che lo inserì di diritto tra i più grandi cantautori in circolazione – e riarrangiarli, trascende qualsiasi sentimento nostalgico e assume un particolarissimo significato. Perché, nei cinquant’anni precisi che separano le due versioni, Cat Stevens è diventato Yusuf, cambiando nome per la terza volta. Di nostalgico, infatti, nell’album non c’è assolutamente nulla.
Si respira una straordinaria atmosfera, riflessa dalla luce rarefatta e rilassata di un incontro tra vecchi amici che si divertono a suonare insieme e a condividere una nuova, elettrizzante esperienza. Il co-produttore insieme a Yusuf, infatti, è lo stesso, Paul Samwell-Smith. E lo stesso è il chitarrista amico, Alun Davies, lo storico compagno di viaggio in studio e in tour, quel musicista sublime del quale si erano perse le tracce all’indomani dell’uscita di scena di Cat Stevens dopo la conversione all’Islam, alla fine degli anni settanta, per poi tornare ad accompagnarlo a partire dallo storico “rientro” sancito dall’uscita di An Other Cup nel 2006.
Ma cos’è successo a Wild World?
L’album inizia molto bene: la nuova Where Do the Children Play? ci fa di nuovo riflettere sugli esiti funesti di una folle corsa scandita dal processo tecnologico, che in cinquant’anni ha rivoluzionato la nostra quotidianità. Il vecchio Cat ci avvertiva, pure in tempi non sospetti durante i quali lo stesso computer era un oggetto misterioso e non identificato. Bellissima Hard Headed Woman: all’epoca il cantautore inglese cercava una “donna tutta d’un pezzo”, adesso l’ha trovata. Cambiano i versi: al posto di “I’m looking for a hard headed woman”, adesso Yusuf canta “I’ve found myself a hard headed woman”. Da brividi.
https://youtu.be/JBoln1TKQ8U
Il pomo della discordia è Wild World, uno dei brani cardine del songbook catstevensiano. Irriconoscibile: all’inizio la sorpresa è inevitabile, sembra un’altra canzone, un ragtime suonato benissimo, ma un colpo allo stomaco dei puristi. Infatti, sono pochi coloro che hanno apprezzato… Sad Lisa mantiene tutta la sua intensità, Into White è azzeccata, mentre la seconda rivoluzione riguarda On the Road to Find Out, uno dei testi che preannunciano la futura scelta dell’autore, un “viaggio del pellegrino” che qui assume i connotati di un blues dall’incedere ipnotico, ma poco convincente.
Padre e figlio: la pace, finalmente
Che dire, Father and Son è una delle canzoni delle quali si è parlato fin troppo, il simbolo di un’epoca in cui il conflitto generazionale segnò una netta linea di demarcazione tra genitori e figli. La nuova versione è musicalmente perfetta. Ed è perfetta anche la voce dell’autore, ancora intensa e profonda seppur inevitabilmente segnata dai molti anni trascorsi. Il “figlio” Cat Stevens parlava mezzo secolo fa: adesso la prospettiva, invertita, è quella del “padre” Yusuf. Il testo è lo stesso, cambia radicalmente il significato: i due hanno finalmente fatto pace ritrovando l’intimità perduta. Yusuf, oggi, è un uomo sereno e felice. Si è riconciliato definitivamente con il passato e con se stesso. Nulla, nella vita, trascorre invano. E un tè può durare cinquant’anni, prima di essere consumato.
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