John Murry: La vita messa in musica.
Quella difficile intervista telefonica… Non che John Murry fosse ritroso; raccontava, anzi, un sacco di cose. Il problema era che le raccontava mormorandole.
Era il 2013 e John Murry aveva da poco pubblicato The Graceless Age, autobiografia in musica straziante e grandiosa per una vita mai felice e che aveva rischiato di finire presto per un’overdose. D’altronde, se nasci a Tupelo, Mississippi, come Elvis, e sei imparentato, per quanto in via adottiva, con Wiliam Faulkner, l’epos tragico ti è connaturato.
E se le canzoni di The Graceless Age potevano essere il viatico per una rinascita, l’intervista per Tomtomrock faceva pensare a un uomo ancora non sereno.
La vita sempre agra di John Murry
Sono passati quattro anni da allora e in effetti la vita ha continuato a essere poco dolce con John Murry: già prima dell’uscita del disco c’era stata la morte di Tim Mooney, che lo avevo prodotto. Poi le scarse vendite del disco avevano messo in stallo la carriera del nostro. Infine c’è stato anche un divorzio dai toni piuttosto tesi.
Per fortuna è entrata in scena una figura che, come era stato Mooney, ha saputo diventare guida sonica e, c’è da immaginare, anche spirituale. Parliamo di Michael Timmins dei Cowboy Junkies.
E’ probabile che al momento di iniziare il lavoro sul nuovo album, Timmins si sia trovato a lavorare su materiale molto meno articolato rispetto a quello del lavoro precedente. Fatta eccezione per One Day (You’ll Die), non vi è qui traccia di un ritornello nel senso classico del termine. Ci sono squarci melodici (Wrong Man) oppure cose che potremmo definire microgroove (Defacing Sunday Bulletins). E testi che sono, a loro volta, lapidarie confessioni: Tutto quel che faccio è riparare/ Le cose che ho rotto il giorno prima”.
I toni scabri di A Short History Of Decay
Utilizzando pochi strumenti e concentrando le registrazioni in soli cinque giorni, Timmins ha creato cornici essenziali adatte a pezzi che sono istantanee di una decadenza vista, a questo punto, con un certo fatalismo. I toni solenni dell’album precedente (che resta superiore) sono scomparsi, tuttavia questi che potremmo definire bozzetti d’autore possiedono una scabra verità che li rende suggestivi. Il John Murry odierno fa pensare a un Mark Lanegan più indifeso o a un Mark Kozelek/Sun Kil Moon meno debordante. Ed è più avvicinabile emotivamente dei due Mark messi insieme.
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