Titolo chilometrico per il nono disco di Lana Del Rey: Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd.
Chi l’avrebbe detto nel 2012, anno del clamoroso successo di Born To Die, che Elizabeth Woolridge Grant, in arte Lana Del Rey, sarebbe arrivata, con il nuovo Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd, al nono album nella sua carriera? È un risultato sorprendente per una delle artiste più discusse degli anni 00, molto amata, magari poco odiata ma certo guardata con molta sufficienza dal mondo alt-rock-pop ecc. che non l’ha mai presa troppo sul serio, neppure al tempo dello stratosferico Norman Fucking Rockwell!
Assai prolifica, con una media di quasi un disco all’anno, anche se il conto non torna troppo. Sono questi ultimi tempi ad aver fatto registrare un’accelerata. Nel 2021 ben due album, peraltro buoni, e adesso questo Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd lungo quanto il titolo, 77 minuti dai quali avrebbe potuto facilmente trarre altri due dischi. O magari uno soltanto, liofilizzato, perché in effetti su questa distanza è difficile mantenere un livello uniforme.
Le collaborazioni in un disco introspettivo e familista
Ma andiamo con ordine. Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd vede Lana Del Rey affiancata da alcuni collaborator già noti e da altri nuovi. C’è l’ormai solito Jack Antonoff che compare in diverse tracce come produttore e/o compositore (anche come Bleachers, il suo progetto solista). C’è l’ex fidanzato Mike Hermosa, evidentemente rimasto in buona perché anche lui contribuisce alla composizione. C’è Father John Misty in una collaborazione carina (Let the Light In) ma non spettacolare come la Dealers con Miles Kane su Blue Banisters. Ci sono alcuni strumentisti-compositori, fra i quali il più celebre è il pianista Jon Baptiste, che appare sulla bella Candy Necklace. C’è il rapper Tommy Genesis sulla buona Peppers, che rende omaggio anche nel testo ai Red Hot Chili Peppers.
La title track Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd è un concentrato di Lana Del Rey
La California domina già a partire dal titolo: pare che questo tunnel sotto Ocean Blvd ci sia davvero e Lana lo lega a speranze e ricordi della sua famiglia, molto presente nel tessuto del disco come già del penultimo. The Grants, come fosse una saga familiare (i Kennedys, i Forresters …), si intitola la traccia di apertura, molto buona e almeno in parte nuova rispetto al repertorio di Lana, a forti tinte gospel grazie alle tre coriste Melodye Perry, Pattie Howard, Shikena Jones, già con Whitney Huston. Accompagnano anche nella seconda canzone del disco, la title track; Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd non funzionava tanto come singolo, ma nell’economia del disco emerge come un ottimo momento, ed è un concentrato dello stile tipico di Lana Del Rey, soprattutto nel testo: Open me up, tell me you like me / Fuck me to death, love me until I love myself (…) Harry Nilsson has a song, his voice breaks at 2:05 / Something about the way he says “Don’t forget me” makes me feel like / I just wish I had a friend like him, someone to give me five / Leanin’ in my back, whisperin’ in my ear “Come on, baby, you can drive” (Aprimi, dimmi che ti piaccio / Scopami fino alla morte, amami finché non mi amerò (…) Harry Nilsson ha una canzone, la sua voce si rompe a 2:05 Qualcosa nel modo in cui dice “Non mi dimenticare” mi fa sentire… / Vorrei solo avere un amico come lui, qualcuno che mi dia il cinque / Appoggiato alla mia schiena, sussurrandomi all’orecchio “Dai, baby, puoi guidare”).
Alti e bassi, più qualche stranezza
La successiva Sweet ai primi ascolti mi pare sottotono, mentre la già ascoltata A&W è ottima, la ‘solita’ ballata languida con una coda avvelenata di beat trap che riportano un po’ allo stile di Lust For Life. Stile che ritorna verso la fine anche nella già citata Peppers. Sono momenti necessari in un disco che, con questa lunghezza, richiederebbe qualche spinta ritmica in più, soprattutto verso il centro, dove si susseguono diversi brani lentissimi che finiscono per parere indistinguibili. Senza parlare dei quattro minuti e mezzo di Interludio con predica dell’a quanto pare celebre (sempre in California) Judah Smith, che dirige una mega-chiesa frequentata da numerose stars. Un minuto qui sarebbe bastato, così è la durata di una canzone, ma praticamente si ascolta solo il sermone punteggiato da qualche risata di voce femminile, forse di Lana stessa. Il senso mi sfugge.
Verso la fine il disco ripiglia tono, con la simpatica chiusura di Taco Truck vs VB (per Venice Beach), in parte una canzone nuova, in parte remix del pezzo di Norman Fucking Rockwell! In conclusione, e come si sarà capito, Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd sarebbe stato un eccellente disco di quaranta minuti, ma questa versione bulimica di Lana Del Rey finisce per accatastare troppi pezzi e per dare un risultato che a volte pare trascinarsi a fatica. Per il voto facciamo una media tra sufficiente (anche i pezzi meno riusciti non vanno sotto) ed eccellente, punteggio di numerosi momenti del disco, anche perché lo sguardo corrucciato di Lana che guarda dalla copertina (una fra le molte versioni disponibili) obbliga a non andare bassi. Da bonus, infine, il titolo Grandfather Please Stand on The Shoulders of My Father While He’s Deep-Sea Fishing, a quanto pare di squali. Che famiglia, The Grants.
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