Low - Hey What

Hey What: il ‘difficile tredicesimo album’ dei Low

Low - Hey What
Sub Pop- 2021

Nel 2018 Double Negative dei Low era stato un vero colpo di teatro. Teatro sperimentale, si dovrebbe aggiungere. Il trio di Duluth, Minnesota aveva portato alle estreme conseguenze gli accenni di estremismo del precedente Ones and Sixes creando una sinfonia di melodia e rumore (o viceversa) che aveva colpito, turbato, emozionato (oppure infastidito) un po’ tutti gli appassionati di musica indie.

Dunque il classico disco importante, e di rottura rispetto al proprio passato, e a tante altre cose,  a cui è difficile dare un seguito. Il fatto che con Hey What i Low  siano ora alle prese con il “difficile tredicesimo album”, quando di solito il problema si pone con il terzo, rende onore alla loro duratura e nobile dedizione al fare musica. Fin dagli esordi di metà anni ’90 li avevamo apprezzati per i loro suoni radi  in grado di espandersi nello spazio fino a riempirlo, per un’idea di austerità poetica efficace sia nella delicatezza di Christmas (1999) sia nelle trame fosche di Drums and Guns (2007). A poco a poco si era però percepita l’entrata in scena di un qualche manierismo che Double Negative aveva spazzato e spiazzato via.

Hey What album onnicomprensivo

Oggi i Low si sono ristretti a un duo formato dai coniugi di lunga data Alan Sparhawk e Mimi Parker, eppure Hey What è davvero il loro album più ampio e onnicomprensivo. Questo non significa che si tratti automaticamente del loro disco più bello. Potrebbe diventarlo, anche se ci vorrà tempo per dirlo.

Si può però immaginare che lo si ascolterà più di Double Negative, che forse il disastro pandemico sopravvenuto un anno e mezzo dopo la pubblicazione ha reso troppo ostico in una situazione già ostica. Se Hey What non rinuncia comunque all’asprezza della distorsione e del rumore, tuttavia ne organizza diversamente il dialogo con la componente melodica. Intanto le prime parole intelligibili arrivano dopo 40 secondi, mentre in Double Negative perché ciò accadesse occorreva aspettare il terzo pezzo. E si tratta di parole che ci dicono di un lavoro legato alle vite di relazione e ai loro percorsi spesso tortuosi (“Nonostante tutto, cavalli bianchi ci riportano a casa”) oppure a una disillusione che è il prodotto di un’età matura arrivata nel momento sbagliato: “Quando pensi di avere visto tutto/ Ti rendi conto di vivere in giorni come questi”.

Voci e melodie dei Low

Sono concetti importanti, ma la cosa davvero importante è un’altra. Forse più di ogni altro lavoro precedente Hey What sfodera non poche melodie di grande, elevata bellezza veicolate dalle voci a gioco di specchi di Sparhawk e Parker, dal loro cantare che si potrebbe descrivere come naturalmente religioso (su tutte Days Like These e More).  Proprio per questo, in un primo momento, le intromissioni brutaliste coordinate dal produttore BJ Burton  possono infastidire come se si fosse alle prese con un disco che non funziona. I successivi ascolti abituano al rumore, insegnano a gestirlo e persino ad apprezzarlo (l’intro noise-prog di All Night, ad esempio), creando, come dicevano i Virgin Prunes, una nuova forma di bellezza. Non è cosa da poco e vale la non piccola dedizione necessaria.

Infine una considerazione forse pretestuosa. Hey What è il terzo album affascinante e ‘spesso’ del 2021 dopo Ira di Iosonouncane e Sinner Get Ready di Lingua Ignota. Potrebbe essere un segno dei tempi ostici di cui si diceva e aggiungere che, come noto, i tempi ostici hanno fra i pochi loro vantaggi quello di dare impulso a un’arte che li elabori e li renda gestibili. Chissà cosa penseremo di questi album e del 2021 quando tutto sarà fin…

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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