Shirley Collins - Archangel Hill

Ancora una volta un disco senza tempo per Shirley Collins: Archangel Hill.

Forse si dovrebbe smettere di citare a ogni uscita di un suo disco – e a ogni recensione – l’età di Shirley Collins.  La prima parte della sua carriera discografica si snoda fra il 1959 e il 1978: un ep e nove album da sola o con la sorella Dolly, uno con Davy Graham, uno con gli Young Tradition, uno con la Etchingham Steam Band e uno – No Roses, il più celebre di tutti – con la Albion Country Band. A inizio anni ’80 cade vittima della disfonia che la rende incapace di cantare per oltre tre decenni.

La seconda vita artistica di Shriley Collins inizia nel 2016 e prosegue lenta ma sicura

Archangel Hill (Domino) è il terzo album della seconda vita artistica della grande mamma, e pure nonna, del folk inglese, iniziata con Lodestar e proseguita con Heart’s Ease (2020) e l’oscuro ep Crowlink (2021). Ancora una volta qualcuno lo definisce commiato artistico e umano. Potrebbe anche esserlo, ma è altresì vero che è inevitabile, dopo una lunga vita, trovare grande quantità di spunti, anche qui artistici e umani,  dal proprio passato.  Ci sono dunque canzoni tradizionali da lei già pubblicate (d esempio Fare Thee Well, My Dearest Dear e The Bonny Labouring Boy), storie di famiglia messe in musica (Hand and Heart, ovvero l’infelice amore dello zio Fred) e l’ormai consueto omaggio al natio Sussex (la title track su testo di papà Collins).

Lo spirito di Archangel Hill

Rispetto ai lavori della carriera recente  c’è una dimensione più elegiaca: Shirley racconta storie che sovente sono tristi , ma lascai da parte la predilezione per la murder ballad così forte in Lodestar. Mentre i suoni evitano  le tonalità talora sinistre di Heart’s Ease e Crowlink a cui dava un importante contributo l’hurdy gurdy di Ossian Brown dei Current 93, qui assente (e un po’ dispiace).

Stavolta nulla è davvero fosco: anche  la tragedia dei due bambini in Lost in The Wood sembra perdersi in un’epoca mitica, così come la sensualità rigogliosa di Hares On The Mountain diventa rimpianto. Ian Kearey arrangia i pezzi con l’attenzione di un figlio affettuoso e Shirley canta con voce fragile, pacata, ma non affaticata. E nemmeno si fa troppi problemi a inserire una registrazione del 1980 (la già citata Hand And Heart) dove il canto era inevitabilmente più limpido e il confronto con il presente potrebbe risultare impietoso.

Alla resa dei conti c’è in Archangel Hill, così come in tutta l’opera di un’artista così inglese che più inglese non si può una patina struggente, magica e, come detto altre volte, senza tempo e senza età. A proposito di età, anche se ci si era ripromessi di non farlo, Shirley Collins compie 88 anni il 5 luglio.

Shirley Collins - Archangel Hill
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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