Il secondo album di Snail Mail tra indie rock e pop problematico
Di norma “lasciar riposare” è utile alle bozze dei romanzi o all’impasto della pizza. Nel caso degli ascolti musicali non serve a molto. Se un disco lascia perplessi al primo approccio, raramente le cose migliorano mettendolo da parte per un po’.
Valentine (Matador), secondo album di Snail Mail/Lindsey Jordan, ha ottenuto quasi solo recensioni superlative. La prima impressione di Tomtomrock è più dubbiosa: un buon lavoro che si muove fra circuito indie e mercati più ampi con molta pulizia sonora su cui si innestano l’emotività dei testi e una vocalità espressiva ma ogni tanto forzata. Le canzoni sono ben pensate senza però picchi memorabili. Ed è a questo punto che è arrivata la scelta del lasciar riposare.
Le novità di Valentine
Va detto che il nuovo tentativo ha portato qualche cambiamento di prospettiva, per quanto non decisivo. Valentine è un disco conciso, essenziale (10 canzoni, 36 minuti) e questo risulta già meritorio. Dal punto di vista testuale racconta con onestà un triennio segnato in sequenza da successo artistico, crisi sentimentale, ricovero in clinica, lento recupero. Un percorso che in parte ricorda quello descritto da Kacey Musgraves in Star-Crossed ma con più esistenzialismo e meno glamour.
Snail Mail: modelli e referenti
Quanto ai suoni, piacciono soprattutto i pezzi con le chitarre elettriche in evidenza, ad esempio la title-track, oppure Glory, mentre convincono meno le cose con abbondanza di tastiere tipo Madonna (è il titolo del pezzo, non il referente artistico). Buone sono anche la ballata acustica c. et al. e lo struggente commiato con orchestra di Mia. Diciamo che quando ricorda le Breeders la ventiduenne di Baltimora risulta senza fatica intensa, mentre per arrivare autorialmente dalle parti di Laura Marling ha ancora un po’ di strada fare. E se le canzoni restano comunque sfuggenti (manca un po’ di strada anche per raggiungere i quartieri di Billie Eilish), piace il rapporto dialettico tra spontaneità e strutturazione, dove la seconda è molto aiutata da un produttore che sa il fatto suo – e soprattutto quello della committente – come Brad Cook.
Ora però su col morale Lindsey, che è già tutto così difficile.
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