In Whole New Mess Angel Olsen ‘spoglia’ le canzoni di All Mirrors.
L’avevamo detto, e scritto qui, che Angel Olsen ci avrebbe consegnato le canzoni di All Mirrors spogliate di tutti i lustrini e così è avvenuto, dopo soli dieci mesi, con Whole New Mess. La procedura è ormai consolidata; con il mercato discografico in crisi aumenta il bisogno di visibilità, con tutti i mezzi possibili e leciti. Possono servire video, apparizioni sulla rete, streaming di concerti casalinghi e riproposizioni di interi dischi.
Angel Olsen – Whole New Mess: i precedenti di una procedura consolidata
Usando quest’ultima modalità, la Olsen si confronta con altri artisti che hanno seguito lo stesso percorso. Oltre al campione della riproposizione di se stesso, Bonnie Prince Billy, lo hanno fatto anche Conor Oberst (Ruminations/Salutations) i Villagers (Darling Arithmetic/Where Have You Been All My Life) e persino i Cowboy Junkies, con la riedizione del disco d’esordio, The Trinity Sessions.
Quasi sempre in queste uscite si riscontrano piccole differenze: con band o da solista, nel caso di Oberst, classico o live in studio per i Villagers, oppure farcito di ospiti illustri, come le Trinity Sessions Revisited. La scaletta è spesso diversa di poco, come in questo caso, con nove brani in comune (su undici) tra All Mirrors e Whole New Mess.
Angel Olsen – Whole New Mess: il risultato finale
Il titolo si riferisce certamente al perenne caos sentimentale che si evince dai testi, cui la voce della Olsen, catturata con echi e distorsioni, dà corpo assai meglio che nel patinato predecessore. Si può citare, come perfetto esempio, la clamorosa differenza tra la versione di Chance inclusa in questo disco e quella di All Mirrors; però, essendo il miglior brano della selezione, esso riluce sia nella versione deluxe, con piano, archi e voce impeccabile, che nella cruda versione per chitarra elettrica e voce (quasi) naturale.
Non funziona così bene per tutti i brani, ma anche grazie alla bella title-track il disco possiede una forte personalità. Indispensabile per chi apprezza i percorsi artistici contorti e multiformi, per seguire l’evoluzione dei brani e i loro travestimenti, come si faceva al tempo dei bootleg e delle registrazioni pirata.
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