Blur – The Ballad of Darren

I Blur e l’attesa per The Ballad of Darren.

Non si può certo dire che i Blur non abbiano preparato con cura l’uscita di The Ballad of Darren. Un tour di arene e festival culminato con le due serate al Wembley Stadium, durante le quali hanno suonato i due brani già usciti circondati dalle canzoni migliori della loro carriera e da qualche perla inattesa. Senza contare che si aspettava un nuovo album ormai da The Magic Whip del 2015, ma che in fondo non è detto che un nuovo album dovesse uscire per forza: Damon Albarn è una fucina di progetti musicali, Graham Coxon pure ha una carriera musicale come solista e con The Waeve, Alex Jones si dedica ai formaggi e Dave Rowntree alla politica (ma ha inciso un disco pure lui).

Il quartetto si unisce in studio

The Magic Whip aveva convinto parzialmente i fan, nonostante un tour molto seguito, forse perché da una band che ha raggiunto l’apice del successo venticinque anni prima (ormai trenta) ci si attende soprattutto gli hit del passato. Insomma ogni ritorno dà di operazione nostalgia, anche se questo non è nelle intenzioni dei musicisti. Di sicuro non è nelle intenzioni di Damon Albarn, dal momento che oggi i Gorillaz sono una realtà più celebre e orientata a un pubblico molto più giovane rispetto ai Blur. Grazie all’aspetto visuale e al continuo ricambio di ospiti, i Gorillaz hanno ormai un loro seguito che solo parzialmente si sovrappone a quello del quartetto.  Rispetto al disco del 2015, Albarn rivendica The Ballad of Darren come un disco ‘pienamente Blur’, nel senso che con il precedente molto lavoro era stato fatto dai quattro ognuno per suo conto, mentre invece questo ha visto una riunione vera in studio per lavorare su materiali composti dall’instancabile Damon Albarn mentre era in tour con i Gorillaz.

Apre la straordinaria The Ballad

Se i Gorillaz sono l’attualità, i Blur di The Ballad of Darren (Darren è un roadie/bodyguard della band) scelgono di meditare sul proprio passato e sulla condizione umana di chi è giunto a un’età che con i parametri odierni non si può definire vecchiaia, ma certo neppure gioventù. Le relazioni fra i quattro, oggi evidentemente recuperate, hanno subito l’oltraggio del tempo al pari delle vite affettive, e il disco rispecchia tutto questo. Che scelta aprire con The Ballad, un pezzo che molti altri avrebbero posto in chiusura: I just looked into my life and all I saw was that you are not coming back, sono le prime parole del disco. Rottura di una relazione, perdita di amici … e ce ne sono stati molti, da Tony Allen a Terry Hall, ma anche il tour manager dei Blur (e di tanti altri) Craig Duffy, morto insieme con la moglie Sue Parmiter in un incidente. Comunque sia, The Ballad è una canzone enorme nel suo incedere lento nonché una delle più belle interpretazioni vocali di Albarn.

I Blur di The Ballad of Darren non inseguono il passato

Segue St. Charles Square, uno dei pezzi già usciti, con le sue forti reminiscenze del David Bowie di Scary Monsters, e poi Barbaric, un mid tempo estremamente melodico con un grande crescendo e la voce di Albarn che si intreccia con quella di Coxon. È probabilmente il pezzo più apertamente ‘Blur’ di tutti e potrebbe essere un singolo perfetto. Lenta e melodica, Russian Strings è nuovamente molto bowiana, e d’altra parte Albarn non ha mai nascosto la sua ammirazione. Se il testo contiene qualche riferimento al conflitto in corso, come si dice, per fortuna non si coglie.

The Everglades (For Leonard) rallenta ulteriormente il ritmo, forse troppo, ma poi arriva la splendida (e anch’essa già sentita) The Narcissist, un pezzo destinato a far parte del canone Blur, nonché una riflessione sulla storia della band.

Goodbye Albert è un’altra canzone sullo smarrimento con un eccellente lavoro di Coxon alla chitarra e la voce di Albarn che si riempie di echi. Cresce con gli ascolti. Poi ecco il quieto walzer di Far Away Island e a seguire Avalon: What is the point in building Avalon? If you can’t be happy when it’s done. Orchestrata molto bene, con un cambio di tempo per l’hook, è di nuovo un momento chiave del disco. Then I overdo my dose and I don’t even know I’m here anymore, canta Albarn. Con The Heights siamo in chiusura dopo poco più di mezz’ora, chitarre acustiche ed elettriche, il falsetto, la ritmica che entra, poi la fine con un noise improvviso. Are we running out of time? Something so momentary that you can’t even feel it.

I Blur 2023 non sono quelli del 1993, e come mai potrebbero esserlo?  Non è neppure una evoluzione, ma il tempo che passa e la volontà di parlarne, non di eluderlo. Il tutto in un disco straordinariamente pulito (produzione di James Ford) e melodico, ben simboleggiato dalla copertina, una immagine del fotografo Martin Parr che mostra un nuotatore in una piscina all’aperto dalle belle acque blu, mentre al di là del parapetto, su un mare grigio plumbeo, si va addensando la tempesta.

ps consigliata l’edizione cd deluxe che contiene due bonus eccellenti.

Blur – The Ballad of Darren
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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